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  • Pubblicata il: 22/11/2017 13:33:42

MACCHEMUSICA/ Il Giunto di Cardano: la scelta e il rumore delle conseguenze

Seconda puntata per la nuova rubrica di Foggia Città aperta, 'MACCHEMUSICA', a cura di Alessandro Cavotta e Simona Auciello. Per scoprire giovani talenti e conoscere artisti. Dopo i Mesembria Magog (LEGGI E GUARDA VIDEO), tocca ai Giunto di Cardano.  

IL GRUPPO. Il Giunto di Cardano è un organo di trasmissione del suono tra due dimensioni in rotazione, o almeno così è definito tra gli ingegneri. Noi, a questo nome, attribuiamo le forti personalità di Giuseppe Colangelo (voce, chitarra, piano, sinth), Mariano Cericola (basso), Davide Tappi (batteria). Il Giunto sono una band di Foggia che dal 2011 dopo un primo periodo caratterizzato da demo studio e numerose date live tra i locali della provincia, si è fatta strada man mano nei festival pugliesi più importanti. Nel 2016 vincono il Giovinazzo Rock Festival, superano anche le selezioni provinciali dell’Arezzo Wave ed altri contest musicali che permettono loro di condividere il palco con artisti come i Kutso, i Bud Spencer Blues Explosion, a Toys Orchestra, Andrea Chimenti, Le capre a sonagli, i Voina hen, i Management del dolore post-operatorio, i The Zen Circus. Il 31 ottobre 2016 pubblicano il primo singolo dal titolo Il Bacio di Giuda e qualche mese dopo nel gennaio 2017 uscirà un concept album autoprodotto dal titolo Kadìma. 

KADìMA DERIVA DALL'EBRAICO E SIGNIFICA AVANTI. L'album racconta le reazioni del subconscio umano di fronte ad una scelta, il rumore delle possibili conseguenze. Come è avvenuta la gestazione di un tema così particolare che è la “Scelta” in tutte le sue possibili accezioni? 
La realizzazione di questo album è stato concepito a step. Siamo nati nel 2011, abbiamo passato i primi anni a suonare, come tutte le band, più per diletto che per serietà. Ad un certo punto non ci soddisfaceva più quello che facevamo, ma avendo dato priorità agli studi universitari, non era facile dedicarsi completamente al progetto musicale. Poi nel 2014 ci siamo presi un anno di riflessione, in studio, immersi nella sala prove. Abbiamo trascorso un anno lontani da palchi e distrazioni, anche perché prima di allora, si suonava con alta frequenza nella provincia foggiana, e ciò toglieva tempo alla creazione di qualcosa di nuovo. Così, durante questo anno “esiliati” (in senso positivo) in sala prove, abbiamo definito il genere e cominciato a scrivere i primi brani. All'inizio l'idea era un EP, poi per un evento fortuito che ha bloccato Giuseppe (voce, chitarra, piano, sinth) a casa, gli ha dato spazio per dedicarsi alla scrittura, accompagnato da chitarra e piano. Sono nati così altri pezzi che si sono sviluppati con le jam in sala prova tutti insieme. Fu lì il momento in cui notammo la frequenza con cui questo tema si riaffacciava, e allora la decisione di prenderlo come concept su cui sarebbe ruotato l'intero progetto di Kadìma. 

LO SFONDO DELLA COPERTINA DI KADìMA, VEDE UN IMMAGINE IN BIANCO E NERO: UN CORRIDOIO, DUE PORTE, DUE ASCENSORI E UN SOGGETTO IN MOVIMENTO. E' la porta, la vostra metafora di Scelta?
Sì. Per antonomasia le porte sono sinonimo di scelta. Il soggetto in movimento, non statico, alle prese con una scelta sulla direzione da prendere. L'idea è della scelta, ma intesa come movimento interiore, quella reazione che fa scaturire a sua volta nuove emozioni e reazioni. Quindi la scelta di una porta, piuttosto che un'altra, e la conseguenza delle scelte intraprese. Il tutto sullo sfondo di un mood in bianco e nero. 
 
 La sonorità dei vostri pezzi, ha richiamato alla mente artisti come i Subsonica ai tempi di Microchip Emozionale (album del 1999), e vocalità che ricordano Pierpaolo Capovilla (frontman de Il Teatro degli Orrori). A quali artisti del panorama rock elettronico e alternative rock vi ispirate nella composizione dei vostri pezzi? I dodici brani dell'album sono una total immersion in un mondo introspettivo, carico di suoni distorti, voci consapevoli accostate a suoni rock. E' ovvio che il bagaglio musicale di ognuno di noi, ha contribuito ad influenzare lo stile adottato nelle nostre creazioni. Nelle playlist personali della band non mancano: i Subsonica, Il teatro degli Orrori, Litfiba, Verdena, Afterhours, CSI, CCCP, Marlene Kuntz. Poi, per quanto riguarda il panorama internazionale, ci sono sicuramente: i Nirvana, i Queen, The Beatles e gli immancabili Pink Floyd. Vi sveliamo che in alcuni pezzi di Kadìma, ci sono delle citazioni dirette dei Pink Floyd. Ad esempio, in Bacio di Giuda, c'è un richiamo ai vocalizzi del brano Atom Heart Mother, ovviamente riadattati a modo nostro. 
 
 Ha destato particolare attenzione, l'aver posto a metà album, un pezzo totalmente strumentale di scarso un minuto, dal titolo Respiro. Noi la vediamo come un'esortazione a concedersi una tregua tra il dilemma e la soluzione. E' così che va interpretata questa traccia? La posizione dei brani, non è affatto casuale, ogni singolo brano e la sua posizione all'interno dell'album, è stata studiata a tavolino. Esattamente “Respiro”, riproduce in maniera strumentale la consapevolezza dell'Io. Tra una reazione (del subconscio) e l'altra, abbiamo deciso di interporre pezzi di recupero. MacroGì, per esempio, brano che prende il titolo dal nome d'arte di un amico che ha collaborato per la creazione, è un’altra traccia che ripropone la respirazione, ma in maniera più elettrica, quasi ansiogena, ad indicare proprio lo stato di forte tensione. 

“HO BISOGNO DI UNO YEZ”. E' la frase che si ripete in “Yez!” (da notare la scelta di inserire il punto esclamativo nel titolo). Nel video ufficiale, ci fate guardare il mondo attraverso gli occhi di un uomo col casco spaziale. Cos'è lo Yez di cui ha bisogno il protagonista del video? 
 Yez, è nato per gioco durante il periodo “d'esilio” nella sala prove, poi è diventato il nostro inno alla gioia. Era inizialmente un “Sì!” di esultanza che il batterista Davide Tappi esternava in momenti di grande entusiasmo. L'entusiasmo si è attaccato a questa parola, e a questo pezzo. L'uomo col casco spaziale, un po’ come nel video dei The Prodigy in Smack my bitch up, ci butta giù dal letto e ci mostra la vita dal suo punto di vista. Quello che inconsapevolmente abbiamo tutti addosso, la maschera che ognuno di noi indossa e che scinde il vero Io da quello che mostriamo agli altri. Tutti avremmo bisogno di uno Yez! un gesto positivo che ci elettrizza, ci stimola, ci dà la carica e ci esalta.

di Redazione