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Don Ciotti a Foggia: "Il dormitorio di Sant’Alfonso è come un tabernacolo"

“In questa chiesa ci sono due tabernacoli per l'Eucaristia: uno è proprio qui in chiesa, l'altro è quello del dormitorio per i poveri che come direbbe don Tonino Bello accoglie frammenti di carne viva”. Don Luigi Ciotti è partito dalla sua storia, dal suo passato, dalle sue esperienze personali per parlare ieri sera, nella parrocchia di Sant'Alfonso, di poveri, di emarginati, di sofferenze e fragilità. Un nuovo incontro in città - dopo quelli nelle scuole, all'Università e quelli in programma nella giornata di oggi – per avvicinare sempre un po' di più l'intero territorio all'appuntamento con il 21 marzo, inizio della primavera che per la Foggia vorrà anche dire ospitare la ‘Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie'. 

L’INCONTRO. Don Ciotti ieri sera è andato a parlare in una chiesa di periferia, forse quelle che preferisce di più. Lui, sacerdote che – racconta – ha preso il titolo in “Scienze della Confusione, all'Università della strada”, tra poveri, drogati, prostitute, emarginati nella Torino degli anni cinquanta che l'ha accolto quando aveva solo 5 anni. E parte proprio dalla sua storia, dai suoi ricordi, dai suoi primi patimenti per invitare tutta la comunità a mettere da parte il proprio “io” per fare spazio al “noi”, al senso del gruppo, dell'unione. Perché per migliorare i luoghi che viviamo, per tirare fuori il nostro senso di responsabilità, per costruire delle città migliori “non servono dei navigatori solitari”. Lo ripete più volte, quasi a voler stringere maggiormente i corpi dei presenti, a voler creare un corpo unico, a voler scandire bene il senso delle sue parole. E racconta la sua storia, il suo cammino, la strada che lo ha portato a creare prima il Gruppo Abele e poi Libera. 

LA MEMORIA DI DON CIOTTI. Don Luigi Ciotti affonda la memoria tra i suoi ricordi più cari, più intimi. L'infanzia vissuta in povertà ma “con grande dignità da parte dei miei genitori”, gli insegnamenti della mamma, gli errori commessi da piccolo che lo hanno segnato per sempre, la vita in parrocchia quando era ancora giovane. E poi l'incontro con l'uomo che ha cambiato per sempre la sua vita. “Andando a scuola in autobus notai un signore seduto sulla panchina che indossava tre cappotti. Era un barbone, ma leggeva libri, e li sottolineava con le matite rossa e blu. C'era qualcosa di misterioso in lui, ed allora dopo tanti tentennamenti dovuto anche alla mia timidezza gli chiesi se voleva che gli prendessi un caffè, un thè, qualcosa. Ma non mi rispose mai. Passavano i giorni ed io ogni volta gli ponevo la stessa domanda, finché una volta mi spiegò che in passato era stato un bravissimo medico, amato dalla gente ma devastato dalle tempeste della vita ed era finito in strada. Un giorno – racconta ancora don Ciotti - mi disse che i ragazzi che vedevo sempre al bar difronte alla panchina compravano dei farmaci e si drogavano. A quel tempo non si conosceva ancora il mondo della droga, ma lui disse che era ormai vecchio e stanco e che desiderava che io da grande facessi qualcosa per loro, per salvarli”. 

DALLA STRAGE DI CAPACI A LIBERA. Parte da lì il suo percorso, fino alle stragi del 1992, quando Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro persero la vita nel terribile attentato di Capaci. “Io ero a Palermo quel giorno per tenere un corso di formazione e solo due mesi prima mi era visto con Falcone a Gorizia con il quale avevamo pensato di fare qualcosa insieme in Sicilia”. Da quel giorno ad oggi di passi don Ciotti e Libera ne hanno percorsi molti. E grazie al cammino di Libera e dei tanti volontari non è più impensabile immaginare città più solidali, più accoglienti, più legali. Compresa Foggia e la sua provincia. Ma c'è ancora molto da fare, tanto da lavorare, “nonostante lo straordinario lavoro delle forze dell'ordine della Procura”. Lo confermano anche i recenti dati contenuti nella relazione della Direzione Distrettuale Antimafia che riguardano proprio la provincia di Foggia. “Secondo gli ultimi dati in Italia si uccide di meno, si sparge meno sangue. La nuova strategia della mafia è la corruzione, l'innesto nei meccanismi della politica e dell'economica – evidenzia don Ciotti - . Ma il foggiano, insieme a Napoli, è l'unico territorio italiano in cui si continua a uccidere, a spargere sangue”. 

VERSO IL 21 MARZO. Per questo c'è bisogno di camminare insieme, di scandire il rumore dei passi che accompagnano le tante persone perbene, le cose belle che illuminano il nostro territorio, verso il 21 marzo. Don Ciotti ci crede, dà fiducia e speranza alla comunità foggiana, ma c'è bisogno “dell'impegno di tutti, della corresponsabilità di tutti, affinché la parola legalità non diventi solo una bella bandiera da sventolare”. Per questo, il 21 marzo saranno ricordati i nomi di tutte le vittime innocenti di mafia. Per fare memoria, tesoro, del sacrificio dei tanti, ricordando anche “che il 75% dei familiari delle vittime innocenti di mafia non conosce la verità e non può avere giustizia”. Ed allora, c'è bisogno dei passi di tutti. Anche dei più fragili, di chi pensa di non farcela. Perché la ricerca di verità e giustizia sociale si nutre del coraggio di tutti. Non ci sono scuse. Non più. Don Luigi Ciotti riparte degli ultimi, dagli esclusi, dai poveri. E forse non è un caso che più volte nel corso della serata richiama un concetto: “In questa chiesa ci sono due tabernacoli per l'Eucaristia: uno è qui in chiesa, l'altro è quello del dormitorio per i senza fissa dimora”.
Emiliano Moccia (SpazioSociale.it)

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di Redazione 


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