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Il segno di speranza di Emmaus, la Comunità accoglie dei braccianti

Un seme di speranza. Un seme che germoglia, che dalla campagna, dalla zona più distante ed emarginata dal centro urbano, prova a contagiare. A concimare accoglienza, incontro, conforto. Perché se è vero che dopo la morte di 16 braccianti in due incidenti stradali, avvenuta nei primi giorni di agosto, sono aumentati i controlli dei furgoni, gli arresti dei caporali ed i controlli sulle strade, è anche vero che sul terribile destino di quei giovani lavoratori è calato un nuovo silenzio. Ed allora, il seme di speranza e di accoglienza nasce dalla ‘Comunità sulla Strada di Emmaus’, dagli stessi ragazzi che vivono problemi di disagio e di dipendenza che in questi giorni si sono messi a disposizione di 8 braccianti, tutti provenienti da Paesi africani. 

L’INIZIATIVA. Gli ospiti della Comunità di Emmaus, quindi, stanno dividendo gli spazi comuni, le stanze, la sala da pranzo con i giovani braccianti che durante la giornata sono impegnati nel lavoro dei campi. Al rientro, la Comunità diventa un luogo aperto in cui parlare, confrontarsi, riscoprire l’altro. “Un segno di speranza che nasce da un luogo in cui vivono povertà, fragilità, persone con problematiche differenti. Un segno di speranza e di aiuto concreto verso i braccianti e per fare memoria di quello che è successo nel mese di agosto, perché quanto è accaduto deve indignarci, sconvolgerci. Ed a volte sembra che non sia così, che sia tutto normale, che non si faccia ancora abbastanza – dice don Vito Cecere, della Comunità Emmaus - . I giovani della nostra Comunità hanno sentito il bisogno di fare qualcosa, di dare una risposta vera, tangibile su quanto accaduto. I primi giorni ricordammo tutte le vittime con una preghiera, recitando i nomi di tutte le vittime. Tutti giovanissimi, con un’età media molto bassa, arrivati in Italia con la speranza di un futuro migliore”. 

L’ACCOGLIENZA. Da quella ferita, da quelle storie spezzate, è partita l’iniziativa della Comunità di Emmaus che silenziosamente sta mettendo in pratica il passo del Vangelo che invita a non avere paura e ad aprire le porte. “I giovani braccianti – prosegue don Vito – sono con noi da prima di Ferragosto. Abbiamo anche celebrato e festeggiato insieme la giornata del 15 agosto e fra qualche giorno termineranno di lavorare in campagna. E’ stata un’esperienza positiva per tutti, un’importante occasione di socializzazione, un arricchimento generale per i ragazzi della nostra Comunità e per i braccianti che abbiamo accolto. Abbiamo voluto dare un segno, fare qualcosa di concreto, con la speranza che anche altri possano seguire questa piccola buona prassi”. Una buona prassi nata dopo c’è più bisogno, dove il disagio spesso è ancora molto profondo, come le ferite che segnano anima e corpo. Ma forse proprio quelle silenti sofferenze hanno offerto una maggiore capacità di apertura, di attenzione, di aiuto concreto verso chi vive nel bisogno.

di Redazione 


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