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L'ora di ginnastica, la "palestra" e la scuola maestra di vita/IL RACCONTO

Dopo essere tornati indietro con gli anni alle nostre interminabili scartatelle (Foggia, c'era una volta "La scartatella"/ IL RACCONTO), restiamo ancora questa settimana in ambito sportivo, e precisamente nel campo della Educazione Fisica, una disciplina scolastica molto importante, ai nostri tempi, soprattutto per l’attività fisica e il benessere degli studenti che aveva anche i suoi riti e tradizioni. Buona lettura.

IL RACCONTO. L’educazione fisica, disciplina che esiste ancora oggi, ha perso gran parte della sua funzione, anche educativa. Ai nostri tempi l’orario settimanale scolastico prevedeva ben due ore di ginnastica, obbligatoria. Le ore erano programmate, generalmente, all’inizio o al termine della giornata, ma non mancavano scuole che inserivano questa disciplina al centro della mattinata scolastica. Una cosa che faceva molto piacere agli studenti specie se serviva per interrompere un orario “pesante“ (per es. tra due ore di italiano e altrettante di matematica). In tali casi, anzi, la ginnastica, oltre a far bene al corpo, faceva bene anche alla mente, perché si rientrava in classe e si affrontavano le ultime, impegnative, ore, con più attenzione e meno “stanchezza psichica”. 

LE PALESTRE. Ai nostri tempi, in città, erano poche le scuole che disponevano di una palestra e la maggior parte degli studenti doveva spostarsi presso palestre di altre strutture, a volte distanti diverse centinaia di metri. A Foggia, molte scuole andavano all’ex palestra della GIL: la Gioventù Italiana del Littorio o al palazzo degli studi. Ripensando a quegli anni, ed a come si vivevano quei momenti scolastici legati alla educazione fisica, è anche un modo per rendersi conto di come sono cambiati i nostri costumi e i comportamenti sociali, rispetto ad oggi. Le nostre mamme, per esempio, quando avevamo “palestra” (perché così chiamavamo l’ora di ginnastica) al mattino ci davano il sacchetto di stoffa contenete le scarpe da ginnastica perché, all’epoca, di scarpe da ginnastica la maggior parte degli studenti ne aveva solo uno: le mitiche scarpette blu o bianche, spesso di tela, poi di gomma. Basse, oppure a mezza caviglia, costavano poche decine di migliaia di lire, si comperavano al mercato Rosati o del venerdi, alla standa e, i più fortunati, in uno dei due-tre negozi di sport che esistevano in città dove potevi trovare le “Lotto” o le “Puma”, che allora avevano prezzi quasi, popolari. Le scarpe da ginnastica servivano solo e soltanto per essere usate in palestra. Non esisteva che si potessero indossare, come avviene oggi (e con scarpe molto più costose), per uscire, in sostituzioni delle “normali” scarpe che oramai tra i giovani non sono nemmeno più conosciute. E nemmeno potevamo usarle per fare la consueta, sana, “scartatella” sulla strada o nel cortile sotto casa: per questo si dovevano utilizzare, magari, vecchie scarpe ginniche o vecchie comuni scarpe tipo mocassini.

LA TUTA. Le disponibilità economiche e i vizi di noi ragazzi di allora, non erano quelle di oggi e, di conseguenza, anche l’abbigliamento doveva essere salvaguardato: così la “tuta” blu o bianca, da indossare in palestra veniva usata solo per questo scopo. Il completo ginnico doveva essere indossato quando si arrivava in palestra, negli spogliatoi, stando attenti a non rovinarlo e, men che mai, sbucciarsi le ginocchia: segno inequivocabile che avevamo usato la tuta per altre attività…non “istituzionali!” ( tiposcartatella) . Al termine dell’ora ginnica dovevamo rivestirci con i nostri abiti per il rientro a scuola. La “tuta” infatti, era di solito una per ogni figlio e veniva acquistata all’inizio dell’anno scolastico, spesso alla Standa, insieme a tutto il completo composto da quaderni, astuccio, compasso, album … anche loro dovevano servire per tutto l’anno. Figura fondamentale era Il Professore di ginnastica. Per noi, al pari di quello di religione, era una sorta di icona al quale confidare segreti, chiedere consigli e, perché no, conquistarci la sua indulgenza nel caso potesse servire per gli scrutini di fine anno. Lo volevamo con noi alle gite ed anche ai colloqui non andavamo via se prima non avessimo “fatto” anche il “Maestro” di ginnastica. 

IL MAESTRO. Da parte sua, il Professore aveva molta pazienza perché non era facile dover seguire intere classi nelle varie attività ginniche e gli impegnativi esercizi. A cio’ si aggiungeva anche il delicato e responsabile compito di “accompagnatore” che consisteva nel “trasferimento” di intere classi di studenti (e si parla di ragazzini delle scuole medie che avevamo 11/ 12 anni), dalla scuola alla palestra la quale ,come detto, poteva trovarsi anche ad una certa distanza. A quei tempi capitava spesso di incontrare, in città, professori a capo di studenti, incolonnati e che procedevano ordinatamente, attraversavano strade e incroci, cosi’l’educazione fisica finiva per diventare anche insegnamento e apprendimento delle basilari regole di educazione civica stradale. In primavera non mancavano, talvolta, le uscite sino al bellissimo campo giochi del CONI, su Via Ascoli, adiacente all’oramai abbandonato campo di calcio della FIGC e una volta fiori all’occhiello, in ambito sportivo, per la nostra città, dove , all’aria aperta, i professori ci insegnavano i fondamentali dell’atletica leggera. 

LE ATTIVITA'. La corsa, il salto in lungo, il salto in atto ecc. Le attività ginniche e gli esercizi ai quali venivamo invece sottoposti in palestra, erano ben lungi dalle partite di calcetto o pallacanestro a cui si è ridotta oggi l’ora di ginnastica; gli “attrezzi” che si dovevano fare a volte erano difficili e anche pesanti: basti ricordare la pertica, incubo di tutti, oppure il quadro svedese, la cavallina, le corsette e tanti altri. Al termine dell’ora in palestra ci sentivamo davvero stanchi, ma rinfrancati e pronti a proseguire la lezione. Oggi, purtroppo, l’educazione fisica è relegata, come detto e quanto va bene, alla “strazzatella”. I risultati, purtroppo, si vedono. Tantissimi bambini e ragazzi non conoscono e non sanno le regole degli sport che praticano; non riescono a fare semplici esercizi ginnici equesto si riflette anche sulla nascita di nuovi campioni. Quante“nuove leve” di uomini e donne affermatesi nei vari sport, venivano fuori proprio dalle scuole e dallo svolgimento dell’educazione fisica: pensate alla Bevilacqua, a Di Molfetta, solo per ricordarne alcuni. I professori si accorgevano di chi aveva talento e poteva diventare un piccolo, grande campioncino: lo spronavano, seguivano, incitavano. Ma, tant’è, oggi la scuola si è adeguata ai tempi, così dicono, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Magari i nostri figli saranno più bravi a parlare inglese, francese o spagnolo ma non sapranno saltare una corda su due piedi, oppure “sporcarsi” di terra rossa percorrendo le piste di atletica ( a meno che non siano “virtuali”, beninteso…) così come non sapranno, chi è e come si elegge il Presidente della Repubblica; come si fanno le Leggi o più semplicemente quali sono i nostri diritti e doveri fondamentali, grazie all’abolizione della educazione civica, altra importante fonte di apprendimento del passato, oppure non sapranno mai com’ è fatto un oggetto o il suo funzionamento oppure l’applicazione, pratica, degli studi di scienze e fisica, grazie all’abolizione della disciplina delle “applicazioni tecniche”. Quanta nostalgia, dunque, per la cara, vecchia scuola che, forse, non ha fatto di noi esperti conoscitori e traduttori di lingue straniere ( meno di quella italiana, ma non importa…) o “capaci” utilizzatori di sistemi informatici e applicazioni che, a tanti, non serviranno mai nella loro vita, ma, in compenso qualcuno di noi , studenti del passato, trovandosi su un autobus, sentirà ancora forte, quella voce provenire dalla nostra coscienza che ci permetterà di rivolgerci ad un anziano o una donna, per dirgli, semplicemente: “Prego signore, si segga al mio posto”….. Era, la “Scuola”, anche “Maestra” di vita! 
(A cura di Salvatore Aiezza)

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di Redazione 


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