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“Ghetto Italia”, alla presentazione da Ubik assente Yvan Sagnet: “Minacciato dai caporali”

La notizia la dà il co-autore del libro, Leonardo Palmisano, durante la presentazione: “episodi in stile mafioso”

“Yvan Sagnet non è venuto qui a Foggia perché ha ricevuto delle minacce dirette che ci sono sembrate piuttosto gravi”. La rivelazione arriva pochi minuti dopo l’inizio della presentazione del libro “Ghetto Italia” (Fandango, 2015), di scena ieri sera, lunedì 1° febbraio, nello spazio live di Piazza U. Giordano. L’assenza del leader della prima rivolta dei braccianti stranieri salta subito all’occhio e Leonardo Palmisano, co-autore dell’inchiesta che rivela il sistema-ghetto che tiene in scacco molte centinaia di lavoratori sul suolo nazionale, ne sottolinea la gravità: “Ci spiace per questa cosa, ma non è neanche la prima volta che succede: sia io che Yvan, comunque, ci siamo rivolti alle autorità preposte”.

“AVVERTIMENTI IN PURO STILE MAFIOSO”. Una dichiarazione che lascia di sasso il pubblico della libreria e che, drammaticamente, pone ancor più l’accento sulle tematiche affrontate dal libro il quale, già nel sottotitolo, esprime senza mezzi termini la propria carica di denuncia: “I braccianti stranieri tra caporalato e sfruttamento”. Dopo aver chiesto di non pubblicare – almeno non subito – la notizia delle minacce ricevute (la sua preoccupazione è evidente nel video pubblicato a corredo dell’articolo), il giorno dopo la presentazione, il sociologo e scrittore barese ha acconsentito a parlarne, consapevole del fatto che, al di là di ogni timore, c’è solo una via da percorrere: quella di diffondere questa e altre simili notizie, portando a galla le dinamiche di un territorio in cui è sempre più difficile vivere. “Alcuni episodi – ha aggiunto in merito Palmisano – ci sono sembrati degli avvertimenti in puro stile mafioso, e sia io che Yvan prenderemo provvedimenti”.

“DITE UNA REGIONE E IO VI DIRO’ IL GHETTO”. Un sistema criminoso che non mostra cedimenti, nonostante i tentativi legislativi e i vari slogan politici (l’ultimo, fa notare l’ospite della Ubik, è del Governatore Michele Emiliano) e che, soprattutto, si svolge in piena e totale libertà, a pochi chilometri dai centri abitati, tanto al sud quanto al nord Italia. “Dite una regione – chiede ad un certo punto Palmisano, rivolgendosi al pubblico – e io vi dico che tipo di ghetto c’è”. Dalla Campania al ghetto di Rosarno, passando per quelli pugliesi, nel Salento e a Foggia, “famosa” per l’arcinoto Ghetto di Rignano, senza dimenticare il ghetto di Latina e quello di Adro, nel cuore della provincia bresciana leghista e intransigente (nella cittadina celebre per aver decorato una scuola media con il simbolo del partito fondato da Bossi). “L’Italia è un ghetto a cielo aperto – dice Palmisano – il cui lavoro nero produce un utile da milioni di euro, a spese unicamente dei lavoratori della terra, degli stranieri e degli italiani parimenti sfruttati”.

I BRACCIANTI STRANIERI PAGANO TUTTO NEI GHETTI, COMPRESA LA DROGA. Uno sfruttamento a 360°, non solo lavorativo ma, soprattutto, umano: “sedici ore in piedi a raccogliere i pomodori – racconta Palmisano - oppure a fare i carciofi, con la conseguenza di perdere la sensibilità ai polpastrelli delle dita perché se vuoi i guanti, ovviamente, li devi acquistare dai caporali e pagare con i tuoi soldi”. Ogni richiesta ha un prezzo nei ghetti italiani, e questo è quasi sempre più alto del normale, come se ci si trovasse su una location esclusiva, a bordo di una nave da crociera o su un’isola al largo dell’oceano: “si paga anche se vuoi mettere a caricare il cellulare, si pagano gli spostamenti in auto, le brande per dormire, il cibo e la droga, anche, quella che serve agli stessi braccianti per restare svegli e in piedi per tante ore”.

UN SISTEMA CHE COINVOLGE IMPRESE LOCALI, NAZIONALI E MULTINAZIONALI. Un problema che, come confermano le stesse minacce ricevute, non può e non deve essere circoscritto unicamente al fenomeno del caporalato. “I caporali, secondo una stima di superficie fatta nel libro – dichiara Palmisano – arrivano a guadagnare, in un ghetto, nell’arco di una stagione lavorativa, cifre pari a cinque milioni di euro. Eppure, sia in termini economici che criminali, loro sono solo una parte del sistema”. Il problema, infatti, è quello di comprendere il grado di coinvolgimento, in tal senso, da parte del sistema delle imprese locali, nazionali e multinazionali: “una congiuntura enorme – conclude l’autore di “Ghetto Italia” – che noi abbiamo provato a scandagliare nel libro e di cui si parla sempre poco, soprattutto a livello mediatico, per non parlare dal punto di vista dei lavoratori”.

di Redazione 


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