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Guerra di mafia a Foggia, arrestato uno dei presunti killer di Rocco Dedda: incastrato da immagini e telefonate 

Ha partecipato al funerale di Rodolfo Bruno, poi è scattato il fermo. Il 38enne Giuseppe Albanese, affiliato al cartello mafioso “Moretti-Pellegrino-Lanza” è stato arrestato con le accuse di omicidio, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo. Gli investigatori della Polizia di Foggia hanno eseguito il decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, perché ritenuto responsabile di essere l’autore, in concorso con un’altra persona, dell’agguato di mafia di Rocco Dedda, legato alla contrapposta compagine dei “Sinesi – Francavilla”, freddato il 23 gennaio 2016, con diversi colpi d’arma da fuoco all’interno della sua abitazione, nel quartiere Candelaro, dove si trovava insieme alla convivente e al figlio di soli 4 anni. 

LA GUERRA DI MAFIA. Il grave fatto di sangue, considerata la storia criminale della vittima, è apparso sin da subito riconducibile alla cruenta guerra di mafia esplosa a Foggia dal settembre 2015, che ha visto contrapposte le famiglie “Moretti-Pellegrino-Lanza” e “Sinesi-Francavilla” e nel cui ambito -ricordano dalla questura - sono stati registrati diversi tentativi di omicidio, tra i quali quelli di seguito elencati:

-                        13 settembre 2015, in danno di Mario Piscopia, legato al clan “Moretti-Pellegrino-Lanza”;

-                        17 ottobre 2015, in danno di Vito Lanza, legato al clan “Moretti-Pellegrino-Lanza”;

-                        7 novembre 2015, in danno di Angelo Bruno, legato al clan “Sinesi-Francavilla”;

-                        21 novembre 2015, in danno di Mimmo Falco, legato al clan “Sinesi-Francavilla”;

-                        7 gennaio 2016, in danno di Michele Bruno, legato al clan “Moretti-Pellegrino-Lanza”. 


LE IMMAGINI E I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA. Le indagini – spiegano dalla questura - hanno consentito di evidenziare le responsabilità di Albanese come uno dei 2 killer responsabili dell’omicidio.  In pratica, sono state confrontate conversazioni e messaggi telefonici, tabulati, dati di posizionamento, immagini di telecamere, mettendo in relazione fra loro migliaia di dati, che – opportunamente ricomposti - hanno dato un quadro chiaro delle fasi esecutive del delitto e di far luce sulle dinamiche criminali e sugli assetti interni alle due compagini.  L’inchiesta, peraltro, è stata corroborata, in una seconda fase, anche dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, che hanno consolidato il grave quadro indiziario nei suoi confronti.

di Redazione 


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