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"L'equilibrista" fa tappa a Foggia: al Green park suona Marco Ligabue L'INTERVISTA

Passioni, sociale, famiglia e musica: Marco Ligabue si racconta

Emiliano DOC che vive in Sardegna, una carriera cominciata in un gruppo che oggi prosegue da solista, la vita con la famiglia e l’impegno nel sociale: sembrano contraddizioni in termini, eppure Marco Ligabue se le fa stare bene tutte addosso. Il 20 marzo è uscito il suo nuovo singolo, ‘L’equilibrista’, nato da una collaborazione con i suoi conterranei Paolo Belli e Beppe Carletti. Stasera, venerdì 10 aprile, sarà a Foggia, con un concerto al Green Park.


Marco Ligabue, sei un cantante in giro per l’Italia, attivissimo sui social, padre impegnato, calciatore della nazionale cantanti e vivi la tua vita mettendo al centro le questioni sociali. Tra quanto tempo scopriremo che, in realtà, sei Superman?

(ride) Ma no, in realtà è tutto molto più semplice di quello che si crede. La verità è che, quando fai qualcosa che ti piace davvero, vivi benissimo anche quando sei super-impegnato.  La musica, il sociale e la mia famiglia, mi fanno vivere bene. Mi fanno essere felice, per questo non mi stanco di vivere così.

 

Hai alle spalle un percorso artistico molto variegato, prima i RIO, poi la carriera da solista, nella quale non mancano le collaborazioni con altri artisti. Quanto conta vivere questa passione accanto agli altri?

Devo dire che le contaminazioni mi piacciono molto, probabilmente perché prima di essere un cantante sono un musicista. Con Paolo Belli e Beppe Carletti abbiamo creato ‘L’equilibrista’, un singolo nato da una foto di noi tre, seduti al tavolino di un bar, che ha registrato centinaia di commenti sui social. Tutti ci chiedevano cosa stavamo facendo, se fosse arrivato il momento di creare qualcosa insieme. L’abbiamo fatto e il risultato è un pezzo che porta dentro tre artisti, tre modi di fare musica, uniti dalla stessa passione.

 

‘L’equilibrista’ rappresenta al meglio la tua voglia di metterti in gioco.

È un pezzo che mi sta molto a cuore. Senza la voce di Paolo e la fisarmonica di Beppe non sarebbe stata la stessa cosa. È questo quello che intendo quando dico che bisogna mischiarsi: le collaborazioni ti aiutano a fare meglio, a guardare nuovi punti di vista.

 

Sei un emiliano DOC ma, da qualche anno, vivi ad Alghero con la tua famiglia. Com’è questo tipo di contaminazione?

Sono arrivato ad Alghero sei anni fa, ho vissuto per tutta la vita in campagna e al mare non ci ero per niente abituato. Ho dovuto imparare a conoscerlo, imparare a capire che significa vivere accanto al mare tutto l’anno. Ne senti la forza, ne percepisci la potenza e la passione. Questo è quello che ho imparato dalla terra. C’è una cosa ancora più grande, che ho imparato da quando vivo lì. È il profondo legame che i sardi hanno con la loro terra. Dall’anziano al bambino le sono tutti profondamente legati, riesci a percepire le loro radici. Beh, credo che sia questa la cosa migliore che ho sperimentato da quando vivo in Sardegna.

 

I tuoi pezzi, il tuo tempo e le tue passioni si concentrano molto sul tema del sociale.

Io credo che uno non può pensare di poter solo sopravvivere. Il sociale mi dà quella spinta in più, mi fa stare meglio, mi fa vivere meglio. E poi credo che il nostro ruolo sia anche un po’ quello di amplificare, raccontandole, le storie che ascoltiamo. Io, ad esempio, sono rimasto molto colpito da una storia che ho raccontato ne “Il silenzio è dolo”. È la storia di un ragazzo siciliano di ventun anni che ha scoperto dei brogli elettorali, nel suo paesino, gestiti dalla mafia e li ha denunciati. Con il rischio di essere additato come l’infame, di rischiare la pelle. Ecco, io credo che le storie così, meritino una voce e una canzone.

 

Le tue canzoni lasciano sempre una speranza, toccano i temi positivi. Ma si può ancora parlare di speranza oggi?

La speranza è un elemento naturale per la vita, è una necessità stessa dell’esistenza. È vero, oggigiorno è molto facile sentire chi ci circonda lamentarsi. Ci si lamenta per qualunque cosa, per il tempo, per il lavoro, per la politica. Ma, il discorso è: se ci lamentiamo risolviamo qualcosa? Io non credo. Le cose capitano, belle o brutte. Solo che se siamo concentrati a guardare solo le cose brutte, ci perdiamo il momento in cui ci capitano quelle belle. E, sinceramente, non credo che ne valga la pena.

 

di Bianca Bruno


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