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Alla faccia del protocollo d'intesa: sul racket è guerra aperta tra Grasso e il Comune di Foggia

Doveva essere una grande giornata per la lotta al racket. E lo è stato, con la sottoscrizione, in prefettura, del Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni estorsivi nei cantieri edili. Così importante da far scomodare nuovamente il commissario straordinario di governo per le iniziative antiracket e antiusura, Santi Giuffrè: “La mia ennesima presenza qui è la testimonianza della volontà di dare una mano a questo territorio".


FOGGIA REALTÀ COMPLESSA. “Il protocollo è la volontà da parte dello Stato e delle istituzioni di muoversi in una direzione compatta e congiunta verso la legalità – ha ribadito Giuffrè -  ma è solo il punto di partenza verso un percorso comune, una strada difficile e complessa ma che rappresenta l'unica strada che può portare ad una sorta di riscatto del Sud e di Foggia, che è una delle realtà più complesse d’Italia”. E poi, un’accusa: “Molte volte gli imprenditori sono stati prima complici e poi vittime, questo perché la linea di confine è molto labile". 


L’ACCUSA AL COMUNE DI FOGGIA. La strada comune, però, ha già incontrato degli ostacoli. Sono state le parole del presidente onorario della Fondazione antiracket, Tano Grasso, ad alimentare lo scontro. “Questo è un nuovo strumento che si sperimenta qui in Capitanata, per la prima volta in Italia con la collaborazione della prefettura – ha spiegato Grasso -. E' un percorso lungo di adesione da parte degli imprenditori edili  anche perché ci troviamo di fronte una situazione molto complessa. Ad esempio una delle cose che mi ha stupito in questo anno di esistenza dell'Antiracket a Foggia è stato l'atteggiamento negativo del Comune. In uno dei più importanti processi in corso contro il racket delle estorsioni, il Comune di Foggia inspiegabilmente e gravemente non si è costituito parte civile né nel rito ordinario né in quello dell'abbreviato. Nel momento in cui si tenta di attivare un meccanismo virtuoso, nel momento in cui prefettura, magistratura e forze dell'ordine manifestano un impegno di questo tipo - ha concluso - è molto grave che in questo circolo virtuoso manchi proprio il soggetto che rappresenta la comunità, ovvero il Comune''. 


LA REPLICA. Un’accusa che, ovviamente, non è stata apprezzata a Palazzo di Città. “Il tono e il contenuto della dichiarazioni rilasciate questa mattina contro il Comune di Foggia da Tano Grasso sono inaccettabili. Delegittimare le istituzioni liberamente e democraticamente elette dai cittadini non solo non è d’aiuto per sconfiggere il racket delle estorsioni, ma, cosa ancor più grave, rappresenta una palese ed intollerabile mancanza di rispetto verso la città”, è il commento del sindaco Franco Landella, replicando all’assenza del Comune nel cosiddetto processo ‘Corona’. “Come ha già ampiamente dimostrato l’assessore al Contenzioso, Sergio Cangelli, si è trattato di un mero disguido –precisa il primo cittadino –. Questa Amministrazione in altre circostanze si è già costituita parte civile in altri processi, proprio a dimostrazione della sua sensibilità verso questo tema, e continuerà a farlo, a prescindere dalle polemiche strumentali messe in campo in queste ore”.


QUELLA PASSEGGIATA ANTIRACKET. Poi, un affondo personale: “Vale la pena ricordare al presidente Grasso – sottolinea Landella - che mentre oggi punta l'indice contro la politica e le istituzioni, in passato ha preferito tenere lontani proprio i rappresentanti della politica dalle sue iniziative antiracket. Mi riferisco in particolare al 5 dicembre 2012, quando Grasso impedì al sottoscritto di partecipare, come cittadino (benché all’epoca fossi anche vicepresidente del Consiglio comunale) alla ‘passeggiata antiracket’ organizzata per le strade di Foggia dalla sua Federazione. Sarebbe dunque il caso che Grasso chiarisse in modo più preciso la sua posizione sul punto: la battaglia contro il racket è una prerogativa esclusiva della sua Federazione ed è lui a decidere quando è opportuno l’intervento dei rappresentanti delle istituzioni (e, soprattutto, di quali rappresentanti)?”.


LE RAGIONI. Ma perché il Comune non si è costituito parte civile? La risposta all’assessore comunale all’Avvocatura, Sergio Cangelli: “Restituiamo al mittente le considerazioni espresse dal Presidente onorario della FAI, Grasso. Sul caso specifico, il Comune aveva dato l’indirizzo di costituirsi parte civile nel processo ‘Corona’. Non essendo, però, parte lesa in questo procedimento, ha dovuto acquisire autonomamente, grazie alla collaborazione della Camera di Commercio, i relativi dati identificativi. Pertanto, quando si è materialmente provveduto a formalizzare l’atto di costituzione di parte civile, erano scaduti da un giorno i termini per la detta costituzione. Ci rammarichiamo per il disguido, ma non riteniamo che possa essere oggetto di strumentalizzazione da parte di chicchessia”.

di Redazione 


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