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Nicolas Jaar al Viva festival, la sensualità complessa di un prodigio elettronico/LA RECENSIONE

Locorotondo è un posto dove alle due di notte finisce il concerto di Nicolas Jaar e alle quattro inizia la processione di San Rocco. L’edizione 2017 del Viva Festival comincia il 15 agosto (Leggi:Avanguardia e contaminazione: è il Viva! international music festival). Viaggiare in tarda mattinata nel giorno di ferragosto vuol dire trovare le strade deserte. Le legioni di ulivi sono ordinate ed interminabili, i riflessi del sole rendono le foglie a tratti argentate. Siamo in Puglia e Locorotondo non fa eccezione, ha un centro storico bianco. Fuori dalle case vasi di fiori, di basilico, anziani con espressioni di beatitudine.

IL LIVE. Hanno un belvedere dal quale si vedono contemporaneamente tre province e trulli sparsi, lo chiamano lungomare ma siamo nell’entroterra e sento, dal freschetto serale, che siamo in collina. La masseria Papaperta è sulla strada tra Alberobello e Putignano. Arrivarci senza automobile è complicato dato che, incredibile ma vero, non ci sono navette. Ci sono le stelle, uno spicchietto di luna bassa, i trulli. Da una coltre spessa di fumo emerge Jaar sul palco. Non interagisce, sembra quasi che lui non ci sia in mezzo a quella nube colorata ed uniforme. Penseresti di stare guardando un ologramma se non fosse per la sua bella voce languida e rassicurante. C’è in carne ed ossa ma non ci sta guardando, si lascia guardare. Ed io molleggio un po’ e guardo, col mento leggermente alzato noto che la scena è scarna. Tutto è avvolto da fumo bianco e mi accorgo che mi sto mordendo piano il labbro mentre il mio sguardo sgomita cercando di farsi strada tra la gente per arrivare al palco. Discreta e rapida controllo, tutti intorno a me hanno la stessa espressione rapita ed inequivocabilmente vogliosa. Realizzo allora che si è compiuto il prodigio: ci ha catturati, tutti, irreversibilmente. Senza aver detto niente, senza giochi di luci, ipnotizzandoci solo con la complessa bellezza della sua musica.

LA MAGIA. Jaar è perfettamente consapevole del suo potere magico. Sembra distante ma è assolutamente concentrato su di noi, vuole ammaliarci. Aspetta il momento giusto per posizionarsi al centro del palco. Il controluce lo investe in pieno e lui è una sagoma nera, definita che abbraccia un sassofono. Resta immobile qualche secondo in una irresistibile posa stabile e sensuale. La posizione asimmetrica delle anche risponde a dei criteri di bellezza greci.

IL RITMO. Siamo irrimediabilmente suoi. Canta in spagnolo, incalzano i bassi, si complicano e si contaminano i tappeti di synth. Al ritmo che aumenta ci adeguiamo solo internamente. I movimenti dei nostri corpi sono lenti, morbidi e sempre più fluidi. Fino alla fine restiamo molli, i volti sempre più rilassati. Anche quando uno, poi due coni di luce bianchissima tagliano lo sfondo blu. Anche quando compaiono i led, anche quando delle sonorità tribali si intrecciano prepotentemente alla trama tessuta da Jaar il pubblico resta come in estasi, sempre più consapevole di aver assistito a qualcosa che ha poco a che fare con un concerto tradizionale.

LA ‘SITUAZIONE’. Il concerto, poi, finisce come finisce una giornata, anzi meglio una nottata intensa e movimentata. La sensazione di appagamento dei sensi mi accompagna nel percorso inverso tra gli ulivi fino a Locorotondo ed è così potente che dura anche quando mi imbatto nel marasma della festa patronale, con luminarie, bancarelle, gente rumorosa. Alessandro Piva nel 2013 col documentario “Situazione” raccontava di Farfly party, masserie, processioni, ulivi e musica elettronica. Un contrasto “elettrofolcrorico” tutto pugliese che non solo resiste da quasi due decenni, si evolve, sperimenta, migliora. Con Nicolas Jaar ha raggiunto addirittura punte di raffinatezza che solo la presenza di un artista del suo calibro può regalare. Alle quattro esce San Rocco, rientrerà dopo due ore. Su Locorotondo già albeggia. Viva il Viva festival!
L'AUTRICE. Enza Notarangelo

di Redazione 


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