Stampa questa pagina
  • Pubblicata il: 25/10/2013 13:32:03

“Una lieve brezza di legalità anche a Foggia”

Dalla Questura, Alfredo Fabbrocini interviene su associazione antiracket e “tifosi della malavita”

Era il 5 dicembre 2012 quando Tano Grasso aveva tentato un primo approccio nei confronti dei commercianti. Da allora è passato quasi un anno e l’associazione antiracket non è ancora nata e stenta ancora a nascere. Per capire il problema ne abbiamo parlato con Alfredo Fabbrocini, dirigente della squadra mobile di Foggia, che ci ha illustrato il quadro della situazione. Intanto, un incoraggiamento non trascurabile arriva anche dalla partecipazione dei foggiani alla rassegna “Lib(e)ri per Reagire” (parte integrante della campagna lanciata da Libera, “Foggia Reagisci”): il prossimo 5 novembre infatti, in occasione della “due-giorni” di commemorazione della morte dell'imprenditore Giovanni Panunzio, potrebbe essere una data decisiva, in concomitanza con il terzo appuntamento della rassegna di “letteratura impegnata”.
 
IL RACKET. “E’ un cancro, è la peggior malattia dal punto di vista criminale che attanaglia questa città. E’ uno degli affari privilegiati del criminale foggiano che sintetizza nell’estorsione la sua indole criminale per ottenere ingiustamente denaro senza fare fatica, imponendo così la propria forza intimidatrice che per lui vuol dire dimostrare il proprio potere all’interno della società”.
 
LE VITTIME E GLI ESTORSORI. “C’è una particolare forma di vittima a foggia, quella orgogliosa, che paga il pizzo perché pensa di far parte del gruppo criminale e di ricevere protezione. Poi c’è la vittima rassegnata che paga come se fosse nella natura delle cose, come si paga l’imu, così bisogna pagare anche l’estorsione. Ovviamente c’è anche la vittima disperata, rassegnata che denuncia, quella coraggiosa. Invece, gli estorsori sono delle persone che prima di mostrare la propria faccia creano un clima di tensione e possono agire sia in gruppo che singolarmente”.
 
IN PIU’ CASI NON SCATTA LA DENUNCIA. “Non si denuncia per paura, perché si pensa di dare una parte di soldi ma tutto sommato si può vivere lo stesso, ma forse anche perché non si ha fiducia nelle istituzioni. Noi non possiamo accompagnare la vittima per sempre, ecco perché è importante che si riesca a costituire un’associazione antiracket, un gruppo di persone che si diano sostegno tra di loro, che siano quell’esercito senza divisa che ci dia una mano. A Foggia non è tanto la criminalità il vero problema ma i supporter, i tifosi, cioè quelli che parteggiano per la criminalità pur non facendone parte”.
 
ASSOCIAZIONE ANTIRACKET. “A foggia c’è tanta indolenza, tanto disinteresse, ma soprattutto se ne parla da poco tempo. Credo che Tano Grasso abbia già ottenuto un successo facendo conoscere il problema, creando un interesse generale. Sappiamo che c’è la volontà anche da parte di pochi, piano piano sentendolo ripetere qualcuno si convincerà che è necessario ed indispensabile. Credo che l’aria stia cambiando, è molto cambiata in provincia partendo da Vieste, Manfredonia e Monte Sant’Angelo, ma c’è una leggera brezza che comincia a soffiare anche a Foggia. Rispetto al mio arrivo dove c’era, su tante cose, un disinteresse ora vedo che molto più di prima c’è fame di legalità. Finalmente cominciamo ad averlo anche noi qualche tifoso però sono ancora una goccia nell’oceano. C’è ancora tanto, tanto da fare”.
 
LA COLLABORAZIONE DEI CITTADINI. “Questo è un punto fermo della mia attività investigativa perché ritengo che vadano coinvolti un po’ tutti in questo genere di situazioni e mi fa piacere ricordarlo quando riusciamo ad ottenere dei risultati grazie alla collaborazione dei cittadini, così come tante volte, invece, sottolineo di aver fatto tutto da solo. A noi basta poco, veramente poco, una chiamata anonima, ma anche non necessariamente anonima, non c’è bisogno di aver paura sempre di tutto, ci basta anche un indicazione, un suggerimento, una carezza informativa”.
Era il 5 dicembre 2012 quando Tano Grasso aveva tentato un primo approccio nei confronti dei commercianti. Da allora è passato quasi un anno e l’associazione antiracket non è ancora nata e stenta ancora a nascere. Per capire il problema ne abbiamo parlato con Alfredo Fabbrocini, dirigente della squadra mobile di Foggia, che ci ha illustrato il quadro della situazione. Intanto, un incoraggiamento non trascurabile arriva anche dalla partecipazione dei foggiani alla rassegna “Lib(e)ri per Reagire” (parte integrante della campagna lanciata da Libera, “Foggia Reagisci”): il prossimo 5 novembre infatti, in occasione della “due-giorni” di commemorazione della morte dell'imprenditore Giovanni Panunzio, potrebbe essere una data decisiva, in concomitanza con il terzo appuntamento della rassegna di “letteratura impegnata”.
IL RACKET. “E’ un cancro, è la peggior malattia dal punto di vista criminale che attanaglia questa città. E’ uno degli affari privilegiati del criminale foggiano che sintetizza nell’estorsione la sua indole criminale per ottenere ingiustamente denaro senza fare fatica, imponendo così la propria forza intimidatrice che per lui vuol dire dimostrare il proprio potere all’interno della società”.
LE VITTIME E GLI ESTORSORI. “C’è una particolare forma di vittima a foggia, quella orgogliosa, che paga il pizzo perché pensa di far parte del gruppo criminale e di ricevere protezione. Poi c’è la vittima rassegnata che paga come se fosse nella natura delle cose, come si paga l’imu, così bisogna pagare anche l’estorsione. Ovviamente c’è anche la vittima disperata, rassegnata che denuncia, quella coraggiosa. Invece, gli estorsori sono delle persone che prima di mostrare la propria faccia creano un clima di tensione e possono agire sia in gruppo che singolarmente”.
IN PIU’ CASI NON SCATTA LA DENUNCIA. “Non si denuncia per paura, perché si pensa di dare una parte di soldi ma tutto sommato si può vivere lo stesso, ma forse anche perché non si ha fiducia nelle istituzioni. Noi non possiamo accompagnare la vittima per sempre, ecco perché è importante che si riesca a costituire un’associazione antiracket, un gruppo di persone che si diano sostegno tra di loro, che siano quell’esercito senza divisa che ci dia una mano. A Foggia non è tanto la criminalità il vero problema ma i supporter, i tifosi, cioè quelli che parteggiano per la criminalità pur non facendone parte”.
ASSOCIAZIONE ANTIRACKET. “A foggia c’è tanta indolenza, tanto disinteresse, ma soprattutto se ne parla da poco tempo. Credo che Tano Grasso abbia già ottenuto un successo facendo conoscere il problema, creando un interesse generale. Sappiamo che c’è la volontà anche da parte di pochi, piano piano sentendolo ripetere qualcuno si convincerà che è necessario ed indispensabile. Credo che l’aria stia cambiando, è molto cambiata in provincia partendo da Vieste, Manfredonia e Monte Sant’Angelo, ma c’è una leggera brezza che comincia a soffiare anche a Foggia. Rispetto al mio arrivo dove c’era, su tante cose, un disinteresse ora vedo che molto più di prima c’è fame di legalità. Finalmente cominciamo ad averlo anche noi qualche tifoso però sono ancora una goccia nell’oceano. C’è ancora tanto, tanto da fare”.
LA COLLABORAZIONE DEI CITTADINI. “Questo è un punto fermo della mia attività investigativa perché ritengo che vadano coinvolti un po’ tutti in questo genere di situazioni e mi fa piacere ricordarlo quando riusciamo ad ottenere dei risultati grazie alla collaborazione dei cittadini, così come tante volte, invece, sottolineo di aver fatto tutto da solo. A noi basta poco, veramente poco, una chiamata anonima, ma anche non necessariamente anonima, non c’è bisogno di aver paura sempre di tutto, ci basta anche un indicazione, un suggerimento, una carezza informativa”.

di Redazione