Ecco i “Rodolfi” della mafia foggiana: dieci arresti per estorsioni, assunzioni obbligate e false consulenze
Due clan della Società foggiana coinvolti e la convinzione degli inquirenti di aver stanato per la prima volta il sistema evoluto con cui la mafia dauna penetra nel tessuto imprenditoriale locale. L'operazione messa a segno in mattinata dagli uomini della Squadra mobile della questura di Foggia con il Nucleo di Polizia Tributaria di Bari e dello S.C.I.C.O. di Roma, nel giorno in cui è giunto a Foggia il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha portato all'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 11 persone (7 in carcere, 3 ai domiciliari ed 1 sottoposta all'obbligo di presentazione presso la Polizia Giudiziaria) nonchè al sequestro di circa 41 milioni di euro tra beni mobili ed immobili nella disponibilità, diretta ed indiretta, degli indagati.
I FATTI. L'inchiesta ha portato alla luce una serie di estorsioni continuate poste in essere con metodo mafioso ai danni di imprenditori e società operanti nel settore della produzione e trasformazione agroalimentare da parte di soggetti contigui alle batterie Sinesi/Francavilla e Moretti/Pellegrino. Per le vittime cambiava poco: nella routine quotidiana i primi venivano denominati i “Rodolfi Vecchi”, gli altri i “Rodolfi Nuovi”. Le minacce costringevano gli imprenditori non solo a corrispondere a cadenza mensile somme di denaro ma anche a prevedere assunzioni fittizie a favore di soggetti indicati dai malavitosi e ad assecondare passivamente richieste di assunzioni lavorative "effettive" avanzate dagli esponenti delle due batterie.
IL CONSORZIO AD HOC. Tra gli arrestati i fratelli Antonello ed Emiliano Francavilla e la compagna di quest'ultimo, l'avvocato penalista Gabriella Capuano. Come riporta l'Ansa, i clan mafiosi avevano preteso dai dirigenti dell'azienda Cerealsud il pagamento mensile di cifre comprese tra mille e tremila euro nonchè l'assunzione di due di loro che prendevano lo stipendio senza lavorare. Un sistema che era stato organizzato nei minimi dettagli tanto da portare alla creazione di un consorzio unitario che sarebbe dovuto diventare lo strumento giuridico per giustificare i pagamenti periodici delle tangenti attraverso consulenze anch'esse fittizie.
COMPORTAMENTO OMERTOSO. Il titolare dell'azienda non ha fornito alcun aiuto alle indagini di polizia e guardia di finanza. La vittima delle pretese estorsive, anzi, così come i suoi collaboratori, hanno assunto un comportamento reticente, fuorviarne ed omertoso, che ha portato alla contestazione nei loro confronti del reato di favoreggiamento personale. L'intera attività investigativa, partita nel lontano 2008, ha incontrato diverse difficoltà a causa del contesto ambientale caratterizzato da diffusa illegalità e da controllo “militare” del territorio.
IL SEQUESTRO. Le indagini di tipo patrimoniale hanno inoltre individuato una sproporzione tra i beni di proprietà degli arrestati e le loro capacità economiche. Tutto ciò ha portato al sequestro di beni per 41milioni di euro in parte già oggetto di precedenti provvedimenti.