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  • Pubblicata il: 13/09/2023 18:55:58

Celle con sette persone, carenza di attività e strutture fatiscenti: nel carcere di Foggia "la situazione è disperata"

Mancanza di spazi, sovraffollamento, strutture fatiscenti e carenza di personale. Sono solo alcune delle criticità presenti al carcere di Foggia. Ad evidenziarle, la Camera Penale di Capitanata e l’associazione Nessuno Tocchi Caino che hanno organizzato una visita alla Casa Circondariale del capoluogo dauno nell’ambito del progetto “Il Viaggio della Speranza: visitare i carcerati”. 

I NUMERI. I numeri sono impietosi: celle con sette persone, senza cuscini e con acqua calda, con 660 detenuti, più 120 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Di questi, 45 hanno bisogno di cure psichiatriche. Sono solo 129 i detenuti che attualmente lavorano. Per tutti gli altri, le giornate sono all’insegna dell’ozio o della disperazione. “Conosco la struttura e la visita di oggi non mi ha meravigliato molto – commenta l’avvocato Giulio Treggiari, Presidente della Camera Penale di Capitanata -. Tutti dobbiamo renderci conto che la carcerazione nel nostro sistema costituzionale è vista in un sistema di rieducazione, ma se non si danno gli strumenti per attuarla diventa inutile. È una situazione disperata, bisogna investire in strutture e cultura, creando all’interno delle carceri dei corsi professionali che possono aiutare i detenuti a reinserirsi”. 

LE STRUTTURE. Accanto ai numeri ci sono le carenze: quasi nessun detenuto ha il diploma di scuola superiore. Nella palestra esistente non ci sono attrezzi se non alcuni fatti artigianalmente dai carcerati. L’area verde c’è ma non è a disposizione dei detenuti per incontrare le famiglie. “Non è vero che ci si abitua al carcere, per noi ogni volta che ne usciamo è un’esperienza provante. I detenuti su moltissimi aspetti hanno ragioni molto forti dalla loro parte – spiega Rita Bernardini, Presidente di Nessuno tocchi Caino -. Abbiamo visitato il carcere di Foggia il 12 agosto dello scorso anno e per certi aspetti alcune cose sono cambiate in peggio. Il magistrato di sorveglianza non è mai andato a vedere i luoghi di detenzione e gli educatori sono pochissimi. L’unico interlocutore quotidiano è l’agente di polizia penitenziaria, che in molti casi non può affrontare situazioni delicate come i casi psichiatrici o i detenuti tossicodipendenti. Sono assenze pesanti perché laddove si conoscono i problemi dei detenuti, le cose sono molto più serene. Il dialogo qui non esiste”.

di Saracino Nicola