Signor sindaco (dimissionario), 
 sono passati dieci giorni da quando lei ha formalmente presentato le sue  dimissioni. Siamo pertanto esattamente a metà strada, in quel percorso  verso il ventesimo giorno, termine entro il quale ha la facoltà di  tornare a rivestire l’incarico di primo cittadino. 
Dieci giorni di assoluto silenzio. Su questo è stato di parola. Dieci giorni in cui ha preferito alienarsi dalla pubblica scena e vivere in “clandestinità”. Nel frattempo, però, al suo silenzio ha fatto da contraltare uno scenario in cui si sono alimentate congetture, riproposte alleanze, rivisti scenari ed equilibri politici. 
Da Palazzo di città solo silenzio. Nei “Palazzi” che contano, invece,  trame e coalizioni, strategie e rivendicazioni. Ha incontrato il  governatore Vendola, che le avrebbe consigliato di ripensarci e tornare  in sella. Proprio quel Vendola a cui fino a qualche giorno fa avrebbe  tirato le orecchie per aver tagliato fuori la Capitanata dalla sua sfera  d’interesse, torna a essere suo valido interlocutore. Ha parlato  francamente con chi ha contribuito alla crisi in Consiglio, valutando  l’unità d’intenti. Ha sicuramente ascoltato e preso in considerazione le  reazioni di imprenditori e istituzioni, cercando di discernere le frasi  di circostanza dai sentimenti reali.
 
Ha ascoltato tutti, ma la cittadinanza non ha ascoltato lei. A  dieci  giorni dalle sue dimissioni, il foggiano della strada continua a  doversi  affidare ai “sentito dire” e alle leggende metropolitane, di  cui la  nostra città è pervasa da decenni, per cercare di comprendere  qualcosa.  Deve affidarsi a pronostici degni di un’agenzia di scommesse  per  valutare se lei ritirerà o meno le sue dimissioni, perché di  segnali  effettivi non ce ne sono. Si trama all’oscuro, si trama di  nascosto. La  trasparenza: chi è questa sconosciuta?
 
 
Ha parlato  di isolamento istituzionale e il prefetto uscente le ha   risposto  piccato. Ha subìto minacce nella sua stanza, che tutti noi   consideriamo  intoccabile, ma nessuna forza dell’ordine ha voluto   assumersi la  responsabilità di quanto accaduto. L’assessore regionale   all’Ambiente  parla di “bubbone” ed emergenza sanitaria che scoppierà a   ottobre a  causa del fallimento dell’Amica e pare che la sua reazione  sia  stata  molto contrariata.
Sembra, pare, dovrebbe: la città  di Foggia è  stanca di conoscere  mezze  verità. E allora venga in  piazza, signor  sindaco. E dica non  attraverso  una nota, ma gridandolo a  noi cittadini,  che il prefetto e  le altre  istituzioni l’hanno  lasciata da solo. Venga  a dirlo in  piazza che è  scandaloso che il  sindaco possa essere  minacciato a  Palazzo di città da  una decina di  persone (alle quali va  comunque  tutta la solidarietà umana  per le  difficoltà lavorative) e  faccia  nomi e cognomi di chi non  assicura  l’incolumità del primo  cittadino.  Venga in piazza, signor  sindaco, a  fare i nomi degli  imprenditori  locali che le hanno riso in  faccia  quando chiedeva soldi  per salvare  il calcio a Foggia. Venga in  piazza,  signor sindaco, per  spiegare  come l’equilibrio della sua giunta e   della maggioranza in  Consiglio  si sia frantumata. Venga in piazza,   signor sindaco, a  spiegare e  ascoltare le istanze della città. 
Sono dieci giorni  che lei è  uscito dal Palazzo, ma con queste   strategie  sembra che lei  sia  uscito dalla porta per ritornare dalla   finestra.  Venga in piazza,   signor sindaco, convochi un’assemblea   pubblica, semmai  davanti a uno  di  quei luoghi che furono vanto e ora   sono fallimento: il  teatro   Giordano, lo stadio Zaccheria, parco San   Felice, e ancora  l’aeroporto,   piazza Mercato, etc etc..
Esca  dal palazzo e venga in  piazza.  Dal dialogo con i cittadini,  con  le   associazioni, con i  comitati, potrà  capire se vale la pena o  no    proseguire. Se tornare a  essere il sindaco  di “Foggia capitale”  o “il    peggior sindaco della  storia”. Un’assemblea  pubblica,  costruttiva.  Chi   non ci sarà, come  tutti gli assenti avrà  torto.  Chi ci sarà,  avrà   diritto di parola. 
 
 Ci pensi, signor sindaco. Foggia è stanca, ma non dorme ancora.