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  • Pubblicata il: 12/03/2020 13:11:00

Dal colera alla peste, le  epidemie che hanno colpito Foggia nella sua storia

A cura di Salvatore Aiezza

“Anno bisesto, Anno funesto”. Così dicevano i nostri nonni e, pare, a ragion veduta, quando l’anno aveva il mese di febbraio di 29 giorni, proprio come questo del 2020. L’epidemia di “Covid-19”, o più conosciuta col nome di “Coronavirus”, sembra purtroppo confermare quel saggio detto popolare. La particolare velocità e capacità di moltiplicare in poco tempo le persone infettate dal virus, può essere paragonata, per la sua pericolosità, a quello che ai tempi della scuola ci insegnava il nostro professore di Fisica: ricorderete, no? La scissione nucleare, l’atomo, che era alla base poi di quella orribile invenzione che fu la bomba atomica. Così il ”Covid-19”: ne infetta uno, questi a sua volta contagia i suoi contatti, ciascuno dei quali a sua volta contagia i suoi e così in una progressione senza controllo.

LE EPIDEMIE DEL PASSATO. Molti però, forse non sanno che quella che stiamo vivendo non è la prima o la più grave epidemia che ha colpito la nostra Città. Nel corso dei secoli Foggia e la Capitanata, più volte, sono state anche decimate nella loro popolazione a causa di terribili epidemie. Pensate che solo per rimanere negli ultimi 5 secoli, su Foggia, come in molti altri Paesi del mondo, ci sono stati almeno 5 casi di epidemie/pandemie, oltre a epidemie più circoscritte e meno virulenti.

INDIGENZA. Il periodo storico che va dal 1650 al 1850, per esempio, fu particolarmente funesto per la nostra Capitanata. La terra Dauna venne colpita, come gran parte dei Paesi del mondo, da diverse epidemie, quasi tutte legate alle estreme condizioni di indigenza, povertà, mancanza di igiene, sporcizia e promiscuità tra persone e animali nelle già fatiscenti abitazioni; non per questo alcune epidemie non risparmiarono affatto i ceti più benestanti. Tra il 1656/1657 la peste colpì pesantemente Foggia, e nel periodo nel quale la terribile malattia fu più virulenta arrivò a causare anche oltre 100 morti in un sol giorno. Alla fine Foggia contò, secondo fonti che derivano per lo più da registri parrocchiali, all’incirca duemila morti su una popolazione che non arrivava a 10.000. Nessuno veniva risparmiato da questa malattia; dai più piccoli ai più anziani; e l’aspetto peggiore di essa era che, oltre alle sofferenze fisiche , comportava sofferenze morali, sociali e psichiche, derivanti dal fatto che i malati di peste , volgarmente nominati come “appestati”, spesso erano condotti anche alla pazzia. La peste, peraltro si abbatté su una popolazione che già pochi anni prima, tra il 1648/1649 era stata duramente colpita da un’epidemia di tifo.

DOPO LA CARESTIA. Un’altra epidemia decimante colpì la nostra terra tra il 1763/1764 e si sviluppo o ne fu comunque la conseguenza, dopo una gravissima carestia che colpì il sud e tutto il Regno in quegli anni. L’epidemia sopraggiunse nella nostra Città, neanche tanto improvvisamente, dopo che già aveva colpito Napoli e molte altre città, nel Maggio del 1764, poco dopo terminata la carestia. Si parla di un numero di morti impressionati causati da questo morbo. I morti si contarono, in tutta la provincia, in decine di migliaia. Come si rileva da una Rivista ad opera di Giovanna Da Molin: Carestia ed Epidemia nel 1763 ‘1764 in Capitanata,( http://rsa.storiaagricoltura.it/pdfsito/64_7.pdf) la crisi ebbe profonde ripercussioni demografiche e, causa anche una recrudescenza delle malattie endemiche, tipiche del tempo , la popolazione subì un tasso negativo di crescita. Secondo quanto si legge nella rivista, la crisi degli anni tra il 60 e 64 fu una delle più gravi che colpirono la Capitanata nel 700. Le persone che ne venivano colpite erano già molto debilitate dalla carestia e spesso decedevano per strada mentre camminavano: grandi e piccoli. La popolazione, benché decimata, tornò però a crescere progressivamente negli anni successivi.

IL COLERA. Ma una delle epidemie più gravi che colpirono la nostra Città e che viene maggiormente ricordata quando si parla di questi argomenti tra i nostri concittadini, specie i più anziani, che si sono tramandati le notizie da padre in figlio, è la grande epidemia di colera dell’estate del 1837. Il morbo si portò via oltre 7000 persone in tutta la nostra Capitanata. L’apice della malattia si ebbe tra giugno e metà luglio di quell’anno, andando poi diminuendo tanto che si celebrò regolarmente la Festa di Sant’Anna del 26 luglio. Ma il colera del 1837 è ricordato da tutti i foggiani, soprattutto per gli eventi miracolosi che accaddero nella Chiesa di San Giovanni Battista, a Piazza Piano delle Croci, dove una volta vi erano le famose Fosse Granarie. Ebbene la storia vuole, che nei giorni 14,15 e 16 luglio del 1837, in piena emergenza colerica, in particolare il 15 luglio, per ben due volte, mattina e sera, la statua della Madonna dell’Addolorata, che in quella Basilica si venera, per diverse volte, avanti a una chiesa gremita di fedeli in preghiera, mosse gli occhi, la bocca, si ebbe la trasformazione luminosa del Volto, il suo lacrimare e sudore. Erano segnali inequivocabili, per tutta la popolazione, che la Città avrebbe goduto da allora della Protezione della Vergine Maria e che la malattia presto sarebbe stata debellata: cosa che poi in effetti avvenne. Il miracolo fu ufficialmente riconosciuto con Decreto del Tribunale Ecclesiastico del 5 settembre 1837 e ricordato con una lapide ed iscrizione marmorea presso la Chiesa di San Giovanni Battista. Poiché in quegli anni le manifestazioni di colera si susseguirono in diverse occasioni, seppur in forme meno aggressive e poco mortali, nel 1884 il Cavalier Recupito, medico dei Reali Carabinieri e membro di numerose società scientifiche, diede alla stampa un volumetto dal titolo “Precauzioni contro il colera” nel quale trattava delle precauzioni, stili di vita da tenere per evitare o quanto meno limitare la diffusione della malattia. Il fatto curioso è che molte di ciò che raccomandava allora il Recupito, sono le stesse di quelle che ci raccomandano oggi i nostri governanti e scienziati, per esempio: “Innanzitutto, evitare di lasciarsi andare alla paura e angoscia, chi è più tranquillo resiste molto di più e bene degli altri, al contagio”; Lavarsi frequentemente e cambiarsi spesso gli abiti; bere molto, specie acqua prima bollita e poi freddata, evitare contatti ravvicinati e di toccarsi….Sembra oggi , eppure era quasi 200 anni orsono.

LA SPAGNOLA. Dopo il Colera del 1910/13 che attecchì in una terra che viveva pessime condizioni igieniche e dopo la guerra del 15/18, sino ai nostri giorni, altre epidemie interessarono Foggia. Certamente la più violenta e mortale fu la c.d. “Spagnola”, dal nome del Paese dal quale si propagò in Europa. Questa epidemia fu particolarmente aggressiva perché si innestò in una situazione di estrema miseria e povertà che aveva lasciato la guerra appena terminata.

TRADIZIONE E PROGRESSO. Una considerazione viene spontanea da questo scritto: per secoli le malattie epidemiche si sono riprodotte a causa della miseria, della condizione di indigenza, sporcizia e povertà. Oggi i morbi che decimano la popolazione si espandono grazie, soprattutto, ai grandi progressi che ha fatto l’umanità: alla possibilità di spostarsi velocemente, all’uso indiscriminato di prodotti chimici anche per riprodurre gli animali e all’inquinamento prodotto dallo stato di benessere e sviluppo che il mondo ha raggiunto. Buona permanenza, forzata, in casa; alla riscoperta delle tradizioni di una volta: cucinare, leggere, farsi una partita a scala quaranta o burraco e, alla fine, sarà stato anche piacevole.

di Redazione