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  • Pubblicata il: 19/10/2012 08:55:03

Da ‘’Fuggi da Foggia’’ al ‘’foggianesimo’’, come ti etichetto la città

In principio, fu semplicemente “Fuggi da Foggia”. Talmente nota e abusata come espressione, da rendere superflua anche la prosecuzione della frase. Che la fuga fosse “non per Foggia, ma per i foggiani”, del resto,  lo avevano imparato tutti. Alberto Moravia, in realtà, qualche dubbio continuava a nutrirlo anche sulla città: “È la più brutta d’Italia” sentenziò negli anni ’70. Ci mise con Calcutta e La Paz tra le più brutte del mondo. Il giornalista Rino Tommasi, invece, si lasciò semplicemente sfuggire che Foggia gli ricordava “lo squallore di alcune città sovietiche”.

TRA FOGGIANESIMO E ZERO A ZERO. La nostra fama, in sostanza, ci precede. Quello che non sapevamo, fino a qualche anno fa, era di essere anche malati, contagiati da un virus incurabile: il “foggianesimo”. A diagnosticarlo fu il governatore pugliese Nichi Vendola, che evidenziò anche il sintomo principale: la propensione alla sterile lamentela. Una visione condivisa nel suo staff: Annibale D’Elia, il factotum del progetto Bollenti spiriti, quando gira per la regione è solito ripetere un aneddoto. “Un foggiano mi ha spiegato che lui vive in una città da zero a zero, perché se segna qualcuno in città, non corriamo ad abbracciarlo ma facciamo di tutto per far annullare il gol”.  Una versione elegante di un altro abusato modo di dire, secondo cui il foggiano “non sa fare, non vuole fare, non vuole far fare” (recitato in dialetto è più efficace).
A FOGGIA NON VENGO. Le etichette, anche recentemente, non sono mancate. Qualche settimana fa la compagna di Carmelo Bene, in occasione dell’apertura della rassegna dedicata al genio salentino, in un momento di caos organizzativo si è lasciata andare: “Ora capisco perché Carmelo qui non voleva mai venire…”. Eppure nel tempo qualcuno si è ricreduto: dopo un volontario embargo di una decina d’anni, il missionario comboniano Alex Zanotelli è tornato recentemente a Foggia, "perchè ho notato un cambiamento nella voglia di fare rete". C’è poi “l’aria di Foggia” evocata dal capo della Polizia, Alfredo Fabbrocini e  quel “lo mando a fare le fotocopie a Foggia”, come massima punizione firmata dall’ex presidente della Banca popolare di Milano, Ponzellini.,
FEDERICO II. Etichette, firme e commenti che offrono un quadro tutt’altro che edificante della nostra città. Meno male, che qualcuno ci vede anche del buono, come Eugenio Bennato che a Foggia ha dedicato anche una significativa canzone e quel Federico II di Svevia che di questa zona s’innamorò: “..se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui..." . Senza fuggire. Ma davvero dobbiamo ricorrere a Federico II per rievocare qualcosa di buono?

di Redazione