Dal "caso Tosi" a Report "tagliato": Sigfrido Ranucci e il giornalismo d’inchiesta L'INTERVISTA
Il Festival “Il libro possibile” è uno degli appuntamenti più attesi della stagione estiva. Le tappe di Vieste sono state seguite per noi da Cinzia Rizzetti, che ha firmato una serie di articoli legati agli incontri e alle presentazioni. A seguire, il suo resoconto sull'evento che ha visto protagonista Sigfrido Ranucci.
LA CARRIERA. Al Festival de “Il libro possibile” incontriamo un ospite importante: Sigfrido Ranucci,
giornalista d’inchiesta, erede di Roberto Morrione, giornalista della Rai, 'padre' di
Rainews e sostenitore del giornalismo d’inchiesta.
“La scelta”, il suo ultimo libro, narra e approfondisce diverse inchieste di Ranucci,
nazionali e internazionali. Cerca di portare alla conoscenza verità scomode e
nascoste, rivelando anche i rischi e le scelte morali che hanno delineato il suo
percorso lavorativo ma anche quello personale e affettivo.
Durante il suo intervento anche la rivelazione di un periodo terribile della sua vita,
coincidente il caso Tosi, e il suo pensiero di mettere fine alla propria vita.
LE INCHIESTE. Il caso di Sigfrido Ranucci e Report alla Rai è emblematico. Tante le minacce e
querele negli anni di inchieste che hanno coinvolto esponenti della politica, di destra
e di sinistra, imprenditori, e altre figure di spicco legate a vicende di interesse
pubblico, nella sanità, finanza e ambiente. Diverse le querele in questi anni di
governo, dall’intero partito di Fratelli d’Italia a quella del presidente del Senato
Ignazio La Russa e quella dei suoi figli. Non sono mancate inoltre le querele di alcuni
ministri: Urso, Giorgetti, Santanchè.
È di questi giorni la notizia di quella del capo di gabinetto di Giorgia Meloni,
Gaetano Caputi e sempre di questi giorni l'annuncio che dopo circa 10 anni, la Rai ha deciso, di
togliere la responsabilità della firma a Sigfrido Ranucci per tutto quello che riguarda i
contratti, le presenze, le trasferte, gli acquisti e le questioni legali penali e civili. “Per
motivi ben noti” sottolinea il giornalista. Il conduttore non potrà più decidere in
autonomia, tra le altre cose, l'inviato da assegnare a un'inchiesta e neanche l'ingombro
dei contratti dei collaboratori della trasmissione. Nel compito che Ranucci ha svolto
negli ultimi 10 anni lo sostituirà il collega Luigi Pompili, giornalista che fa già parte
della squadra di Report.
Questa l’intervista in occasione del Festival “Il libro possibile” rilasciata a Foggia
Città Aperta. Un’intervista sincera, come Ranucci è abituato a essere, a tratti dolorosa
ripensando ai momenti più difficili e bui. Leggiamo nel suo libro della scelta personale più difficile legata a suo padre,
quale quella professionale più difficile? La scelta professionale più difficile è il dubbio che vivo ogni sera prima di andare in
onda. Se ho fatto la cosa giusta, se stiamo dicendo la cosa giusta. Sono consapevole
che a volte un’inchiesta giornalistica può fare molto più male di un’azione giudiziaria
e quindi la consapevolezza e il dubbio di aver fatto tutto quello che dovevi fare, è un
dubbio che mi assale ogni sera. Lei è un allievo di Roberto Morrione che eredità ha ricevuto? L’eredità che lascerò e che ho ricevuto da Roberto Morrione è quella di essere
coraggiosi, indipendenti e vedere il pubblico come editore di riferimento, inoltre
essere leali quando si fanno le interviste, le inchieste. Dare giuste risposte al pubblico
con serietà e responsabilità, la verità al servizio pubblico. Nella nostra provincia si sono concentrate ben 12 inchieste per traffico illecito di
rifiuti. L’allarme scattato in tempo non ha permesso una nuova terra dei fuochi.
Incendi e sversamenti illeciti fanno presupporre la mano della criminalità
organizzata. A quando un’inchiesta sulla capitanata targata Report? Questo della malavita foggiana è sicuramente un problema importante, ci stiamo
lavorando. Stiamo cercando elementi di originalità tali da poter realizzare
un’inchiesta, è sicuramente una delle nostre sensibilità anche perché è una mafia
relativamente giovane che ha bisogno ancora di essere violenta per potersi affermare
rispetto alle altre mafie del sud. Di inchieste importanti Report ne ha realizzate tantissime. Ricordiamo solo
alcune delle più famose: il fosforo bianco a Fallujah, Parmalat e i quadri
ritrovati. Qual è quella che ha sconvolto o colpito di più lei personalmente? L’inchiesta su Flavio Tosi è paradigmatica, analizzando la sua amministrazione mi
trovato a essere spiato nel tentativo di fermare l’inchiesta giornalistica, tutto con una
certa violenza. Pensavo che questa nostra storia avrebbe avuto una conclusione anche
abbastanza simbolica perché Tosi è stato condannato in primo grado per l’accusa di
calunnia e diffamazione. Pensavo — prosegue rammaricato — che questo avesse
insegnato qualcosa e invece dopo un po’ di anni mi ritrovo Tosi candidato alle
europee, Tosi candidato in un altro partito come possibile presidente della Regione,
questo mi fa pensare che c’è una società malata abituata a convivere con la sua
patologia.
Alla Rai negli ultimi tempi succedono cose “un po’ sospette”, Domenico
Iannacone è stato messo in pausa, “congelato”, con i suoi programmi, lei ha
subito pressioni, querele, minacce di cancellazione dai palinsesti. È notizia di
pochi giorni fa del taglio di quattro puntate alla trasmissione d’inchiesta più
amata dal pubblico, ci può dire qualcosa in merito? Io non sono stato congelato ma è vero che mi sono state semplicemente tagliate
quattro puntate e le repliche. Si va a sottrarre Report e non ad aumentare: è la prima
volta nella storia e questo vorrà significare qualcosa... Per il futuro?
Vediamo se ci saranno ancora le condizioni per poter fare ancora questo programma.