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  • Pubblicata il: 28/03/2019 14:30:04

Dracula, straniero sanguinario: la versione firmata Lo Cascio-Rubini è una porta che apre sul nostro incubo peggiore

Lo spettacolo andato in scena il 26 e 27 marzo al Giordano

C’è il fumo di Londra, la nebbia attorno ai vascelli che arrivano dall’inferno. C’è il manicomio di Carfax dove impazzisce Renfield, il mangiatore di insetti soggiogato dal “maestro”. C’è la Transilvania, il castello, la neve. E poi Jonathan, con il suo diario, e Mina, che ha un taglio sul collo, “probabilmente il graffio di una spilla”. Il dottor Seward e il professor Abraham Van Helsing, il cacciatore di vampiri che arriva in treno e che legge sui giornali di fine Ottocento “di un vascello guidato da un cadavere”.

LA FAMOSA OPERA GOTICA. Dall’antefatto al truce epilogo, il “Dracula” di Bram Stoker, opera gotica per antonomasia, è in buone, ottime mani: quelle di Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini, attori protagonisti della versione teatrale che ha riempito il Teatro U. Giordano di Foggia nelle serate di martedì 26 e mercoledì 27 marzo, spettacolo del cartellone di prosa 2018/2019 voluto dal Comune di Foggia e dal Teatro Pubblico Pugliese. Una produzione firmata Nuovo Teatro/Fondazione Teatro della Toscana, con adattamento a cura di Carla Cavalluzzi e dello stesso Rubini, che ha curato anche la regia: quasi due ore per inscenare un romanzo tra i più affascinanti di sempre, in costume e ben incastrato nell’epoca di riferimento, ma animato da uno slancio cinematografico assolutamente in grado di mettere a proprio agio i due attori, gli stessi che lo scorso anno – con uno spettacolo molto diverso – avevano portato nel principale contenitore culturale della città un altro adattamento letterario, “Delitto e castigo”.

VLAD L’IMPALATORE, VAMPIRO E STRANIERO. A muovere la vicenda, molto fedele al testo dell’autore irlandese, il viaggio a Londra del Conte Vlad, meglio noto per il suo nome infernale, Dracula, interpretato dalla mole imponente di Lorenzo Lavia che, nell’adattamento proposto, parla persino l’antica (o presunta) lingua slavofila di Vlad III, detto “l’impalatore”, stando alla leggenda bassomedievale del principe sanguinario che ancora aleggia sulle vette dei Carpazi. È uno straniero tout court, Dracula, incantato dal suo stesso maleficio e che, con il pretesto di un appartamento da acquistare nella metropoli inglese, si invaghisce della giovane Mina (del suo sangue), sposa di Jonathan Harker, il procuratore attorno a cui si attorciglia il famoso intreccio.

LA PORTA SULL’ORRORE. Quest’ultimo poi, il protagonista, è interpretato da un Lo Cascio in formissima che, come nel romanzo, si alterna tra il diario (o le epistole) in cui annota le vicende e l’azione vera e propria, in un andirivieni di flashback e flashforward che ammiccano alla celebre versione cinematografica firmata da Francis Ford Coppola. In mezzo, tra ululati di lupi e tane di topi scoperchiate, un ininterrotto crescendo di tensione che l’irruzione sulla scena di Rubini-Van Helsing rende sempre più palpabile, fino alla resa finale: la bara aperta nella neve, il cuore infilzato, la testa esposta al pubblico, spettatore e testimone dell’orrore che, anche quando tutto finisce, è scosso da un’ultima porta che si apre di colpo. Dietro di essa, l’incubo che ognuno teme più di ogni altra cosa.

di Alessandro Galano