Nell'italiota falò delle vanità, l’etica brucia più della satira: “Il gregge” di Grittani è il romanzo che mancava
La recensione del libro in uscita il 15 febbraio
“Il gregge” capita al momento giusto nel posto giusto, che poi è un posto sbagliato: l'Italia di oggi. Ogni qualvolta ti sembra troppo, nella vicenda, ecco che ti rendi conto che troppo non è, giacché è già successo o, peggio ancora, sta per succedere. È il destino della satira quando a farla è chi sa come si fa, nello specifico Davide Grittani, autore e giornalista foggiano che, dal 15 febbraio, torna nelle librerie italiane con questo suo quinto romanzo (Alter Ego). “Sorprendente” e in grado di mescolare “stile e rancore civile” secondo Roberto Saviano: senza dubbio, una delle uscite editoriali più entusiasmanti – e necessarie – del panorama nazionale.
IL FACCIONE. Una storia semplice, verrebbe da dire, ammiccando a un grandissimo che ha fatto della sinistra assurdità di certe dinamiche di potere uno stile narrativo, addirittura un genere. Ma la storia è semplice perché è dannatamente probabile: a chi – soprattutto dal berlusconismo in poi – non è capitato almeno una volta di alzare gli occhi sui cartelloni pubblicitari e riconoscere il faccione di questo o quel vecchio conoscente, improvvisamente candidato a questa o quella poltrona? Magari con uno slogan ultra trito che è già sotto i denti di migliaia di persone pronte a fare una croce su quel bel faccione?
LA CAMPAGNA ELETTORALE. È così che comincia “Il gregge”: Matteo Migliore, il più pusillanime del vecchio gruppo di amici del liceo – soprannominato “Croce rossa” per il costante ricorrere ai genitori – nonché il meno brillante, è diventato il “nuovo che piace” nella metropoli delle metropoli italiane. Milano, la città dei soldi, lo vuole sindaco: piazza e opinion leader lo danno in discesa verso un’elezione che profuma di storia e nella quale, quasi senza rendersene conto, si ritrova immerso anche il protagonista e voce narrante del romanzo. Ma non solo, perché nella sua equipe, quando la campagna elettorale entra nel vivo, Migliore ha già chiamato a sé tutto il vecchio gruppetto del liceo: c’è Dell’Atti, il siciliano trapiantato a Milano che ha gli agganci giusti, Lamartora detto “Saponetta”, Zavaglia coi guai al ginocchio e Cantalupi, con quella sua “leggerezza che funziona anche meglio se te la puoi permettere”.
CHE MISTERO LA VITA. La Quinta D del Pasolini di Milano edizione 1991/92 è riunita, manca solo Carella, detto “Bulldog”: l’intransigente, il leale, quello che addentava la preda senza mollarla, divenuto finanziere e deceduto in un oscuro incidente automobilistico. Per il resto ci sono tutti, assoldati – “addomesticati”, scriverà Grittani – per il più sfigato del gruppo, oggi in rampa di lancio dal sesto piano del suo ufficio milanese – “che mistero la vita” fa il protagonista, confusosi nella felicità di una coincidenza invece sospetta: “oggi siamo in questa stanza che restituisce tutti quelli che sono stati rapiti dai marziani”.
MI DICONO CHE LEI SPACCIA. Sì, ma chi è Migliore? O meglio, cosa è diventato? È un “guitto sovrappeso” apertamente razzista che mentre vagheggia uno slogan che può voler dire tutto e il suo contrario – “L’aria è cambiata” – contemporaneamente fa accordi da migliaia di voti con i capi rom di un campo nomade. È un diabetico che un bel giorno ha un’ispirazione “ipoglicemica” che gli vale l’elezione e che neanche il suo viscido addetto stampa – Melis, dall’alito di fogna – riesce a immaginare: aizzato da una folla di perbenisti, cavalca il sospetto e si attacca al citofono di un povero cristo straniero: “Mi dicono che lei spaccia droga. È vero? Se fosse vero sarebbe grave, lo sa?».
MATRIX. Un déjà-vù? Sì, ma secondo la logica di Matrix, il film epocale in cui nulla è come sembra: “un’imperfezione del sistema” che oggi è pura realtà, è la politica, è il Paese. A tal punto da diventare oggetto di satira in un’amara commedia – in stile “Amici miei”, citatissimo – nella quale Matteo Migliore è solo uno dei tanti gaglioffi al centro della scena – dall’avversario di pseudo sinistra Michele Ametrano che arruola ex fascisti pur di spuntarla alle urne, fino al re dei salotti televisivi Bruno Tresca – dicono niente?
ETICA AD ALTA QUOTA. Un romanzo-paradosso dove il paradosso è ridotto maluccio, causa un mondo ben più paradossale nel quale, come si legge, “abbiamo imparato a escludere l’etica dai nostri sistemi operativi, convinti che ignorarne gli appelli sia l’unico modo per sopravviverne”. L’etica come un’opzione ad alta quota, dunque, in volo verso il disastro: da inserita a disinserita. Come dire: pillola blu o pillola rossa – e se avessimo già ingoiato quella sbagliata?