Foggia Village / Baki, musica e danza da un pianeta invisibile per dare un messaggio di bellezza
Quando è scoppiata la pandemia lavoravo nel turismo. Penso sia pacifico che pochi altri settori abbiano accusato uno sfacelo economico dovuto alle misure di contrasto del coronavirus altrettanto devastante come quello che ha subìto il comparto turistico. Tra questi pochi, completamente distrutto anche il settore dello spettacolo, in modo particolare l'ambito degli spettacoli live, teatro e concerti. Se Netflix e lievito di birra sono stati tra gli agenti che hanno contribuito ad alleviare il tedio di settimane e settimane chiusi in casa, ed eravamo ancora tra quelli fortunati se il problema era solo il tedio, dopo, quando abbiamo ripreso ad uscire, tornare a teatro e ai concerti è stato molto più difficile che tornare a viaggiare.
LA FILIERA CULTURALE. Foggia, che ad onta del mantra "non si fa mai niente", possiede un cospicuo numero di talenti nel mondo artistico, ha affrontato di petto il grave problema di tutte queste professionalità rimaste per lunghissimo tempo senza lavoro, private tanto della possibilità di esprimersi e impegnare il loro tempo che di quella di portare a casa un reddito. Nell'aprile 2021 è nata la Filiera culturale della città di Foggia, un movimento ideologico che riunisce operatori e anche fruitori dello spettacolo in una visione innovativa, in cui tutte le professionalità sono collegate tra loro come anelli di una stessa catena, sulla spinta di un approccio inclusivo e collettivo, una solidarietà che fa da pilastro agli intenti comuni, identificati in tre punti fondamentali, espressi proprio nel 2021 nel primo documento della Filiera: il censimento comunale e regionale delle persone operanti nel settore, la costituzione di tavoli permanenti, per innescare un confronto continuo con Comuni e Regioni e concordare obiettivi tra operatori e pubblica amministrazione, e infine l'implementazione di aiuti agli operatori del settore, la maggior parte dei quali è rimasta ferma per oltre due anni e mezzo. Moltissimi si sono addirittura ricollocati, dramma certo personale dell'artista ma anche depauperamento del pubblico, a cui viene limitata/sottratta l'esperienza artistica e di intrattenimento.
BAKI - MUSICHE E DANZE DA UN PIANETA INVISIBILE. In questo solco progettuale si inserisce a pieno titolo lo spettacolo portato in scena il 4 aprile scorso presso il Teatro Regio di Capitanata da diverse realtà e professionalità consolidate nel panorama degli artisti locali. Tempio della comicità in vernacolo, grazie al decennale presidio della Compagnia Enarché, per una sera il teatro ha cambiato pelle e, con il contributo della Fondazione dei Monti Uniti, ha ospitato sul palco lo spettacolo Baki - Musiche e danze da un pianeta invisibile, per la regia di Francesca Trisciuoglio Capozzi e Marco Maffei, una sinergia veramente interessante tra danza e musica, spazio in cui la parola d'ordine era estemporaneità. Vorrei sottolineare il contributo determinante delle luci, magnifiche, alla realizzazione di una atmosfera sui generis, totalmente immersiva nei confronti dello spettacolo.
I PROTAGONISTI. L'opening è stato affidato a due dolcissime ballate, interpretate da Madame Butterfly e Mr. Bear, un connubio di voci armonioso, accompagnato dalla chitarra con arrangiamenti puliti ed essenziali. Questa calda apertura è stata anche l'unico momento per così dire "ortodosso" della rappresentazione. Subito dopo, la maestria di Torindo Colangione, al basso, sintetizzatore e loop station, gli handpan di Maurizio Rana, così morbidi, vibranti, ipnotici, e l'estro interpretativo della compagnia di danza OrEx Tribe, in formazione ridotta con Francesca Trisciuoglio Capozzi, Paola Gentile e Valentina Iaconis, hanno dato vita a uno spettacolo impossibile da classificare in un genere canonico. Un canovaccio di massima ha guidato l'esibizione degli artisti, che si sono tutti espressi sull'onda di una improvvisazione piena di energia, con un risultato sorprendente, nel quale l'immaginario dello spettatore era solo sollecitato ma non prefigurato. Ciascuno, nello spazio di durata dello spettacolo, ha potuto associare ai suoni e alle coreografie le proprie proiezioni personali, in un viaggio unico la cui destinazione variava secondo le proprie percezioni. Un risultato fuori dall'ordinario e dal convenzionale, che era stato preconizzato dalle parole del direttore di produzione, Carlo Bonfitto, "con ‘Baki’ vogliamo diffondere un messaggio positivo e di bellezza: questo, ritengo, sia il compito primario della cultura". (Giuseppina Dota)