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  • Pubblicata il: 27/03/2013 11:00:00

Franco Mancini: uomo, giocatore, musicista. L'aspetto umano di un grande portiere

Il ricordo ad un anno di distanza dalla scomparsa

Un tuffo, una respinta, un volo plastico, un’uscita dai pali, una palla bloccata sulla linea di porta. Una storia che viaggia, che torna indietro, che restituisce un grande portiere di calcio ed il suo volto più umano. Quello meno conosciuto, meno afferrabile per chi non lo conosceva bene. E’ per immagini che viene ricordato Franco Mancini. Un video che racconta gli anni nel Foggia di Zeman. Nove stagioni in maglia rossonera. Serie C1, Serie B, Serie A. 265 partite a difendere i pali. 265 partite che lo posizionano al quarto posto nella storia dei satanelli con più presenze in campo. Dietro solo a Pirazzini, Colla, Nocera. Ed allora, a quasi un anno di distanza dalla sua prematura scomparsa, Foggia ricorda Franco Mancini. E lo fa attraverso il convegno ‘Etica e regole nel mondo dello sport’. Perché Mancini ‘sposando’ Zeman, la sua filosofia di gioco ed i suoi imprescindibili valori, sintetizza al meglio i concetti di etica e di sport. Senza dimenticare i sacrifici. Quelli per diventare calciatore, per inseguire il suo sogno. E ieri sera, nella sala consiliare della Provincia di Foggia, per ricordare Mancini erano presenti in tanti. Amici, ex-compagnai di squadra, dirigenti dell'ACD Foggia, sportiti, tifosi ed i giovani calciatori di alcune società sportive.

I SACRIFICI. LAVORO E PALLONE “Sono felice che oggi si possa realizzare uno dei miei desideri: quello di far conoscere Franco ai giovani non solo da un punto di vista professionale, ma anche da quello umano”. Chiara Carpano, moglie di Franco, parla soprattutto ai giovani atleti delle società sportive presenti. E’ a loro che parla principalmente, è a loro che si rivolge quando racconta gli spaccati di vita del portiere con l’augurio di trasmettere i suoi insegnamenti. A partire dal suo rapporto con Zeman. “Per Franco, Zeman è stato un padre. Quando è arrivato a Foggia era un ragazzo. Il mister ha fatto tanto per lui”. Ma anche il talento e la passione possono non bastare se dietro non ci sono impegno e sacrifici. “Franco da ragazzo coltivava il sogno di fare il calciatore, ma viveva in una famiglia in cui per mantenersi ognuno doveva rimboccarsi le maniche – racconta Chiara - . E così, Franco alle 2 di notte andava a lavorare in un forno di Matera. Quando tornava a casa riposava un po’. Poi il pomeriggio con il borsone sulle spalle andava a fare gli allenamenti. Franco con tanti sacrifici è riuscito ad aiutare la sua famiglia, a non venir meno all’impegno dato, e allo stesso tempo è riuscito a seguire il sogno. E sempre – puntualizza Chiara – rispettando le regole. Quelle dei suoi genitori e quelle dei suoi preparatori sportivi”. E tra le cose più importanti “per Franco c’era l’istruzione. Per questo, non lasciate gli studi”.

LA PASSIONE PER LA MUSICA Dietro ai compagni di squadra per difendere i pali della porta. Dietro al gruppo musicale per suonare la batteria. Franco Mancini coltivava anche la passione per la musica. Per il reggae in particolare. Lo ricorda anche Remo Croci, capo-servizi del TG5, che con il portiere di Foggia, Bari, Napoli, Lazio (solo per citarne alcune) era particolarmente legato. “La prima volta che vidi Franco Mancini mi colpì il suo sguardo. Lo sguardo della persona seria, di chi ci si poteva fidare. E così, la prima volta che venni a Foggia sono andato a vederlo suonare la batteria. Non mi interessava vederlo allo stadio mentre giocava, di lui mi interessava conoscere l’aspetto umano”. L’aspetto umano. Mancini sedeva sul suo sgabello per suonare la batteria anche in occasione della Giornata Interetnica organizzata ogni anno dai Fratelli della Stazione. Silenzioso, in disparte, aspettava che tutti i gruppi in gara finissero di cantare e che i presentatori calassero il sipario sulla manifestazione che punta a valorizzare le realtà migranti presenti nel territorio. Poi, Franco, sfilandosi le bacchette dalla tasca di dietro del pantalone, saliva sul palco e si avvicinava alla batteria. E partiva la musica. Quella reggae, quella dal suono solidale, quella incorruttibile. Come il calcio giocato da Franco Mancini con Zeman. Dentro e fuori dal campo.

di Redazione