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  • Pubblicata il: 06/03/2021 17:29:37

La direttrice Gianna Fratta 'bacchetta' la collega Beatrice Venezi: “A Sanremo ci ha fatto tornare indietro di 50 anni”

Si fa chiamare al maschile sul palco dell'Ariston: “Ignorato un percorso di decenni”


“Ieri sera a Sanremo c'è stato un salto indietro di 50 anni per tutte le donne e gli uomini di questo paese e uno schiaffo in faccia alle tante che si sono battute e ancora si battono per la parità. Il cambiamento parte da noi: dalle direttrici e maestre d'orchestra che sanno di esserlo!”.

SUL PALCO. L'illustre direttrice d'orchestra foggiana, Gianna Fratta, anziché su un palco, questa volta sente di dover usare la sua bacchetta per redarguire la collega Beatrice Venezi che, sul palco dell'Ariston, ha dato il la – per restare in argomento musicale – al sottile maschilismo legato al linguaggio. Ma che cosa è successo? La giovane direttrice d'orchestra Beatrice Venezi, sul palco dell'Ariston, ospite a Sanremo al fianco di Amadeus, ha pensato bene di sdoganare un concetto tanto caro a chi parla di parità femminile ma non ancora coglie cosa significhi in realtà: “Per me quello che conta è il talento e la preparazione con cui si svolge un determinato lavoro” ha dichiarato Venezi. “Le professioni hanno un nome preciso e nel mio caso è 'direttore d'orchestra'” – ha poi aggiunto chiedendo ad Amadeus di chiamarla con il sostantivo maschile.

IL MESSAGGIO SBAGLIATO. Ma Gianna Fratta non ci sta: “Ecco come distruggere in un secondo, davanti a milioni di italiani, il cammino lungo e spesso tortuoso di migliaia di donne. Ecco come inanellare in una sola frase parole, perchè di concetti non mi pare opportuno parlare, in grado di ignorare contemporaneamente grammatica, lingua, processi, percorsi di decenni. Su Rai Uno – ammonisce - si veicola, in diretta, in prima serata, un messaggio pericoloso e diseducativo nella forma e nei contenuti, davanti a milioni di giovani”.

LA BATTAGLIA. La direttrice foggiana anticipa anche eventuali reazioni, dimostrando di conoscere bene il fenomeno. “Già li sento i vari "i problemi sono ben altri", "pensate ai contenuti", "le lotte non sono queste", "ministra è cacofonico", "il ruolo non ha sesso". Ci combatto da una vita – rivela - e grazie alle mie lotte di direttrice d'orchestra e alle lotte di tutte quelle prima di me, la signora di ieri può stare su un podio; cosa impensabile fino a qualche decennio fa”.

LA LINGUA. Gianna Fratta si sofferma anche sul linguaggio e su come possa diventare “strumento di emancipazione, di cambiamento, di parità”. “Riflettevo – prosegue - sul fatto che nessuna sarta si sognerebbe di dire 'Scusi, mi chiami SARTO, lo preferisco', mentre ancora esistono avvocate, direttrici d’orchestra, ministre che rivendicano il cosiddetto “maschile professionale”, retaggio di una sottocultura che degrada il femminile”. E qui giunge il suo messaggio principale: “Non è che siamo più autorevoli, credibili, competenti se ci facciamo chiamare col maschile, siamo solo meno consapevoli, dunque più insicure. Strano, poi, che più il lavoro è figo, altolocato, più numerose sono le donne dei no, scusi, preferisco ministro, prego mi chiami ingegnere, per cortesia, direttore, per carità, avvocato. Non è una rivendicazione femminista la mia – tiene a precisare - forse è una questione di politica di genere, ma soprattutto è una questione di consapevolezza. Non è una polemica o una battaglia sessista, tanto meno una recriminazione, è l'italiano, è la nostra lingua e come va usata. Il femminile di direttore c’è e può e deve usarsi.

LA STOCCATA AD AMADEUS. La direttrice d'orchestra foggiana chiama in causa anche Amadeus: “Che avrebbe potuto fare Amadeus? Se una ti chiede di chiamarla direttore devi chiamarla direttore potrebbe pensarsi!”. Ma lei va più a fondo: “Eh, no, non è che se ti chiedo di chiamare l'orchestra televisione la chiami così! Mi sarei aspettata da Amadeus un bel: 'Guardi, io la chiamo per come devo, per come si deve, per come la nostra lingua richiede, per come è corretto per lei e per tutte le donne'. Almeno lui poteva. Da lei, invece, evidentemente non ci si poteva aspettare di più”.

IL CAMBIAMENTO. In un crescendo rossiniano, Gianna Fratta non si ferma e lancia la stoccata finale: “I tempi sono maturi, anzi marci! Non sentiamoci più fighe a farci chiamare avvocato o direttore, che rischiamo solo di passare per persone che hanno bisogno di sentirsi “maschi” per essere considerate brave, nel migliore dei casi, per ignoranti, nel peggiore. E con noi chi ci asseconda. Il cambiamento parte da noi! Dalle donne e dagli uomini capaci di cambiare il mondo. Dalle direttrici e maestre d’orchestra che sanno di esserlo! Da chi non vuole lasciare il pianeta che ha trovato, ma cambiarlo in un mondo migliore e più giusto per tutti. Un mondo in cui la parità viene anelata ad ogni livello, in ogni modo, con ogni mezzo e il combattimento alle disuguaglianze, intolleranze, discriminazioni altrettanto”.

di Michele Gramazio