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  • Pubblicata il: 28/01/2024 13:16:02

Se Iago è in catene, e ancora odia: lo “studio” sul cattivo di Shakespeare firmato Mimmo Padrone

Lo spettacolo è andato in scena al Teatro della Polvere

“My life upon her faith!”. Othello, atto primo, scena terza. È il Moro che parla: “Scommetto la vita sulla sua fedeltà!”. A chi parla? A Iago. Al suo “honest Iago”, come gli si rivolge poi, affidandogli sua moglie, Desdemona. Lo farà? Scommetterà davvero sull’innocenza della donna?

IL PARTO MOSTRUOSO. La risposta è notissima: la furente gelosia che acceca il Moro di Venezia è proverbio, prima ancora che materiale di scuola. Meno nota, di più ostica dimostrazione è invece la fascinazione che ogni essere umano subisce “a proposito del male”: da qui, l’abbrivio di “Damned Iago”, monologo in un solo atto di e con Mimmo Padrone, liberamente ispirato alla celeberrima opera del Grande Bardo, in scena al Teatro della Polvere di Foggia il 26 e il 27 gennaio (foto di Valeria Pio). Uno studio, una zoomata, una messa a fuoco sull’alfiere di Otello, l’autore del “monstrous birth”: il parto mostruoso che porterà la morte sull’isola di Cipro. Per tutti, tranne che per lui.

L’INFERNO E LA NOTTE. Mimmo Padrone si concentra sul cattivo. È il cattivo, l’aracnide calcolatore che racconta quando ormai non c’è più nulla da raccontare. “Damned Iago” si apre in una cella, Iago è in catene e canticchia, di spalle, alla luna. Fino alla fine fedele a sé stesso, se è vero com’è vero che quel suo piano diabolico ha avuto luogo grazie all’inferno e alla notte – “Hell and night” sono le parole che chiudono l’ultima scena del primo atto della tragedia, quella in cui l’aiutante svela i suoi macabri intenti: fare impazzire il valoroso generale della Repubblica di Venezia.

L’ODIO. La versione di Iago, si direbbe, se questi volesse discolparsi oppure motivare o, men che meno, giustificare quanto ordito ai danni di Otello, e di Cassio – il presunto amante – e, ovviamente, di Desdemona: questi ultimi vittime addizionali del suo odio verso il Moro. Già, perché Iago odia Otello – è scritto, è Shakespeare – e nella soggettiva dell’attore e regista foggiano tutto ruota attorno a quell’odio. Un odio razionalissimo che scarnifica ogni cosa, compresa la scena che fa da sfondo al monologo: scarna, appunto, a eccezione di una branda, l’anima in ferro di un letto da carcerato che durante lo spettacolo diventa sbarre, nave in tempesta e persino alcova di morte.

LE RAGIONI DEI MALVAGI. Fare Shakespeare dopo Shakespeare, Otello senza Otello, Iago al termine di Iago: prima d’ogni giudizio, il merito è già nel coraggio, sostenuto da una resa attoriale che tira dritto, consapevole e netta. Il dannato Iago di Mimmo Padrone è forte, a tratti eccessivo, forse smaccato, però tiene: costringe il pubblico a presiedere a un processo che non procede, non assolve, non chiede giustizia. Eppure, cinque secoli dopo, ancora si fa. Ancora narra. Perché le ragioni dei malvagi sono sempre più interessanti di quelle dei buoni: un’intuizione artistica, questa, che sa tanto di animo umano.

di Alessandro Galano