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"Una storia incredibile. 
Il 13 luglio sono in ritiro in Sila con il Benevento, non riesco a dormire la notte. 
Una  settimana dopo violento acquazzone e 40 di febbre: temperatura fissa,  un incubo. Resisto, penso che prima o poi passa, ci tengo troppo alla  mia avventura da allenatore. 
Ma il 20 non ce la faccio più e chiedo  alla società di tornare a casa. Mi faccio visitare a Benevento, per due  giorni non riescono a capire. 
Poi la sentenza: broncopolmonite acuta, brutta botta. 
Ma è solo l'inizio. 
Dopo un po' trovano linfomi un po' ovunque: una bastonata tra testa e collo, la broncopolmonite non era che una conseguenza". 
"Mi  mandano a Perugia, all'inizio non accetto. Fino a quindici giorni prima  sei con la famiglia, a mare, senza pensieri. E poi ti crolla tutto. 
Io  neanche sapevo cosa volesse dire chemio. E poi scopri cose assurde per  chi ha fatto una vita da atleta. Ti senti debole, cadono i capelli, non  sei più tu. Soprattutto: non sai, neanche immagini cosa potrà accadere. E  diventa sempre più dura".
"Chi mi ha dato forza? Le persone più  care, quelle che non ti lasciano mai. Mia madre Concetta si è trasferita  a Perugia, non mi ha lasciato un minuto. Il pensiero di avere accanto  mio padre Fernando, mia sorella Diamante e mio fratello Giampaolo mi ha  dato grande sollievo. Ho metabolizzato tutto, ho messo una bella  corazza. E la svolta è stata quando, poco prima di partire per Perugia  per la chemioterapia, dicevo a mio figlia: "Tranquilla, papà va a fare  gol e torna subito". E come dimenticare l'affetto di Valeria, mia  moglie, che tra un mese mi farà diventare padre per la seconda volta, lo  chiameremo Fernando. Prima della mia odissea, ho rischiato di perdere  lei e il bambino: queste situazioni ci hanno resi più forti".
"Mi  hanno telefonato in tanti, gente famosa e meno, i tifosi di tutte le mie  ex squadre. Ma ci sono situazioni che ti restano dentro. I cori dei  tifosi del Benevento, ogni domenica. La visita del mio presidente Oreste  Vigorito a Perugia: si è presentato a sorpresa, tenendomi la mano per  un'ora. La lettera di Pino Taglialatela che telefonava ogni sera anche  se io avevo voglia di negarmi a tutti".
"La chemio procede molto  bene, ma so che stiamo parlando di una brutta bestia e che non bisogna  mollare di un centimetro. Forse i medici mi daranno presto il via libera  per andare a salutare la squadra. Jorge Martinez ha tutta la mia  fiducia, facciamo coppia in panchina e anche nel nostro modo di vedere  le cose. 
Il mio sogno è tornare in panchina, tuttavia so che dovrò  avere pazienza. Jorge mi chiama tre volte al giorno, mi fa sentire il  suo affetto. Ma io, Carmelo Imbriani, farò gol al destino: l'ho promesso  a mia figlia".