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  • Pubblicata il: 16/05/2019 16:42:47

La Lega tifa Foggia? Bene, ma giù le mani dalla maglia

Strumentalizzati ancora una volta i colori locali

Quando la politica ha bisogno del calcio, per esprimere qualcosa e prendere voti, c’è poco o nulla da commentare. Ma quando finisce per “indossare il pallone”, nel vero senso della parola, calpestando la sensibilità dei tifosi e il credo di chi da sempre spende soldi e fatica in giro per l’Italia per sostenere una maglia e una passione, allora le cose cambiano. Il calpestio diventa trasversale e inopportuno. Quasi un abuso – ma togliamolo pure, il quasi.

USURPARE UN SENTIMENTO. Le contingenze odierne sono propizie per questo tipo di strumentalizzazioni – è questo il termine, siamo onesti – e la cosa va subito chiarita: nelle ultime ore, dopo la retrocessione “d’ufficio” del Foggia Calcio, con il conseguente annullamento dei play-out eventuali che tanto ha indignato il popolo rossonero, sono stati molti i politici legati alla Capitanata che si sono riscoperti grandi tifosi, da destra a sinistra. Più o meno legittimamente, più o meno istituzionalmente, più o meno coerentemente con il loro pedigree da stadio. Ma arrivare a sventolare la maglia rossonera durante un comizio elettorale – come accaduto questa mattina al Cicolella – e vederla passare dalle mani del sindaco di Foggia a quelle del ministro dell’Interno Matteo Salvini, è qualcosa che va al di là della semplice strumentalizzazione di una passione. È un’investitura, almeno negli intenti, che ai fatti, diventa l’usurpazione di un sentimento.

LO SDEGNO DELLA CURVA NORD.I colori rossoneri non hanno fede politica. Il calcio stesso, in quanto gioco o sport, non deve averne una se vuole restare tale, e sono le stesse tifoserie organizzate – la maggior parte di esse, almeno – e tra queste anche quella rossonera, ad insegnarcelo ormai da anni. Lo sa bene Matteo Salvini – che è tifoso rossonero, ma del Milan – e lo sa bene Calderoli, ad esempio, che, poco più di un anno fa, ricevette “un’investitura” simile dai compagni di partito locali, a Foggia, durante un incontro pre-elettorale, sventolando una sciarpa rossonera della Curva Nord e costringendo questi ultimi ad un comunicato ufficiale. “Siamo convinti – si leggeva all’epoca – che quanto accaduto sia opera di qualcuno che non abbia minimamente pensato a cosa rappresentino per noi i nostri simboli, la nostra appartenenza, la nostra lontananza da qualsiasi partito politico del nostro Paese. Inoltre, la sciarpa è stata consegnata nelle mani di un esponente di un partito che ha sempre condotto una ferma battaglia contro tutto il Movimento Ultras” (LEGGI TUTTO).

DA AGNELLI A SALVINI. E qui, il terzo punto: la Lega. Quella del Nord – perché forse qualcuno ha dimenticato la sede del partito, la storia del partito, la “base” del partito. Quella nata e talora confusa per slogan e cori con tifoserie che, ancora oggi e sempre, nell’affrontare i colori rossoneri, non esitano a rinvangare i vecchi adagi tanto odiati: “terroni”, “napoletani”, “contadini” e quant’altro. Si tratti o meno di sfottò legittimi e “da stadio”. Quella stessa fazione politica e culturale che persino il capitano del Foggia Calcio, l’intoccabile Christian Agnelli, alcune settimane fa ha sostenuto pubblicamente, facendosi fotografare con la sua divisa personale affianco ad una parente candidata al Consiglio comunale, con tanto di simbolo politico: una foto che ha irritato, e tanto, i tifosi rossoneri, uniti a contestargli non la fede politica – che ognuno voti chiunque, ci mancherebbe – ma, appunto, la maglia. Qualcuno, in quell’occasione, sui social network, ha commentato così l’accaduto: “Non è la tua, lasciala e poi fai quello che vuoi”. Ecco, esatto. E se non è neanche del capitano, quella maglia, figuriamoci se può mai essere di Salvini.

di Alessandro Galano