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  • Pubblicata il: 18/04/2019 13:26:14

Mafia del Gargano, due arresti per l’omicidio di Antonio Silvestri

Decisive le tracce di DNA trovate sulle cartucce del fucile

Nella mattina del 17 aprile 2019 i Carabinieri della Compagnia di Manfredonia (FG) hanno tratto in arresto Matteo Lombardi detto “Carpinese” e Antonio Zino, di 48 e 39 anni, entrambi facenti parte del  gruppo criminale Romito-Ricucci-Lombardi.

I DUE ARRESTATI. Matteo Lombardi è considerato dagli inquirenti un elemento di spicco del clan, mentre Antonio Zino risulterebbe una delle persone più fidate del gruppo in generale e del Lombardi in particolare.

LE INDAGINI. I due importanti arresti sono il risultato di una lunga ed articolata attività d’indagine, protrattasi per circa due anni, condotta dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Manfredonia e coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari – Direzione Distrettuale Antimafia, relativamente all’omicidio di Silvestri Giuseppe alias “l’Apicanese”, avvenuto all’alba del 21 marzo 2017 in Monte Sant’Angelo (FG).

L’OMICIDIO. Intorno alle 5 del mattino del 21 marzo 2017, vennero segnalati ai Carabinieri alcuni colpi di arma da fuoco provenire dalla via Panoramica di Monte Sant’Angelo, nonché la presenza di un’auto ferma a centro strada. Giunti sul posto i Carabinieri accertarono la presenza di una Fiat Doblò di colore grigio su cui c’era diversi fori da colpi di arma da fuoco, ferma al centro della sede stradale con a bordo il corpo esamine di Giuseppe Silvestri, pregiudicato del posto, crivellato da colpi di fucile calibro 12.

LA VITTIMA. Silvestri Giuseppe, detto l’Apicanese era una figura storicamente inserita nel contesto della mafia garganica facente capo alla famiglia “li Bergolis” di Monte Sant’Angelo e denominato “clan dei Montanari”, la cui mafiosità è stata riconosciuta con sentenza irrevocabile di condanna all’esito del processo denominato “Iscaro-Saburo”.

I DUE GRUPPI CRIMINALI. Al sodalizio criminale mafioso dei “li Bergolis” si è con il tempo contrapposta altra consorteria criminale, operante in area garganica: il clan Romito-Ricucci-Lombardi di Manfredonia, Mattinata e Macchia di Monte Sant’Angelo.  La contrapposizione tra i gruppi criminali ha dato origine alla faida ancora in atto, che ha insanguinato (e continua a insanguinare) la provincia di Foggia.

GLI OMICIDI SUCCESSIVI. Questo omicidio - del 21 marzo 2017 - è il primo della sequenza dei tre “delitti del 21 marzo”: a questo sono seguiti il tentato omicidio di Marco Raduano, il 21 marzo 2018, scampato ad un agguato nei pressi della sua abitazione e il recentissimo omicidio di Francesco Pio Gentile, del 21 marzo 2019. L’omicidio di Silvestri Giuseppe, persona legata agli eredi di sangue della famiglia li Bergolis, era stato perpetrato a breve distanza di tempo dalla rapina aggravata alla gioielleria dei Nobili di Monte Sant’Angelo del 18 febbraio 2017, per la quale erano emersi indizi verso lo stesso Silvestri Giuseppe, il quale era sospettato di aver collaborato con i rapinatori, fornendo loro supporto logistico, senza che però potessero essere trovati elementi di prova certi nei suoi confronti. Le indagini all’epoca condotte permisero di acclarare la responsabilità di Maiorano Carmine, 36enne viestano soprannominato “il Toro”, a sua volta appartenente al clan Perna di Vieste, che veniva arrestato, sempre dai Carabinieri della Compagnia di Manfredonia il 28 marzo 2018 e trovato nascosto armato di pistola all’interno della proprietà di Perna Girolamo, esponente di spicco dell’omonimo clan ed a sua volta legato ai li Bergolis.

IL DNA SULLE CARTUCCE. L’accurato sopralluogo dei Carabinieri ha consentito di rinvenire tracce biologiche che, esaminate da parte del RIS di Roma, hanno evidenziato il DNA di Lombardi Matteo su quasi tutte le cartucce esplose e rinvenute, in maniera pressoché esclusiva e consistente.

IL FALSO ALIBI. Tale importantissimo ed inequivocabile riscontro, unitamente alle risultanze investigative delle attività tecniche consistenti in intercettazioni e analisi dei tabulati telefonici, ha permesso di smentire la versione sin da subito fornita da Lombardi Matteo, che aveva dichiarato la propria estraneità ai fatti e di trovarsi già in Lombardia alla data dell’omicidio. L’affermazione veniva inoltre rafforzata da quelle di Zino Antonio, che testimoniava falsamente di aver accompagnato Lombardi Matteo nel Nord Italia, fornendogli un alibi, nel tentativo di depistare le indagini. In realtà le indagini hanno consentito di demolire l’alibi del Lombardi e di dimostrarne la falsità, cosicchè lo stesso falso alibi si è trasformato in ulteriore elemento di accusa.

di Redazione