Con Mario Desiati in finale al Premio Strega c’è anche un pizzico di Foggia
Il suo “Spatriati” in testa, si gioca tutto nella finalissima
«L’unica patria possibile è quella in cui non rispondiamo a nessuno di ciò che siamo». Brilla di luce propria, tra le pagine, questa frase: sintesi, forse, dell’essere “Spatriati”, com’è il titolo del romanzo che stasera, 7 luglio, se la gioca in finalissima al Premio Strega, il maggior riconoscimento letterario italiano. A scriverlo per Einaudi è Mario Desiati, autore pugliese di Martina Franca che, a ben guardare, ha iniziato la sua cavalcata verso il podio esattamente un anno fa in quel di Foggia, ospite dell’edizione estiva 2021 della rassegna Fuori Gli Autori.
DA FOGGIA ALLO STREGA. Si era in Palazzo Dogana, il 14 giugno, quando l’autore inaugurava con il suo romanzo fresco di pubblicazione la kermesse organizzata da Ubik e Biblioteca, iniziando proprio nel capoluogo dauno il suo tour pugliese. Insieme all’incontro del giorno dopo, 15 giugno, nel quale fu ospite del Presidio del Libro di San Giovanni Rotondo, quelle due occasioni furono tra le prime presentazioni nazionali di “Spatriati” e, ad oggi, si può dire che diedero l’abbrivio allo scrittore martinese, attualmente in testa nella classifica degli “stregati” con ben 244 voti – accreditatissimo al podio più alto.
UN LEGAME DURATURO. Ma quello tra Mario Desiati e Foggia è un legame duraturo. Da queste parti lo scrittore ha un pubblico di lettori che gli è fedele sin dalle sue prime prove narrative, come quel “Vita precaria e amore eterno” (Mondadori) che presentò in città addirittura nel 2007, quando la Ubik di Piazza Giordano muoveva letteralmente i primi passi (peraltro, il direttore artistico della stessa, Michele Trecca, è tra i critici letterari italiani che sin dalle prime battute hanno posto l’accento sul talento dell’autore). Senza dimenticare altri romanzi più o meno apprezzati da pubblico e critica, e tutti presentati nel capoluogo dauno: dal “Ternitti” (Mondadori) che arrivò quarto al Premio Strega 2011, passando per “Il libro dell’amore proibito” (Mondadori) e “Candore” (Einaudi), senza dimenticare la presentazione alla Sala Farina del film “Il paese delle spose infelici” del regista Pippo Mezzapesa, tratto dall’omonimo romanzo.
DUE MONDI. Un anno fa, nel cortile della Dogana Antica della Provincia, Mario Desiati parlò di Francesco Veleno e Claudia Fanelli, i due protagonisti di “Spatriati” che si ritrovano uniti nella sventura – o ventura – di essere i figli degli amanti del paese: la madre di Francesco e il padre di Claudia. Da qui, si apre una corsa narrativa lunga quarant’anni in grado di unire due mondi apparentemente discrepanti come la Puglia arcaica delle feste patronali, con i ceri accesi e i gli incappucciati fustigatori delle processioni, e i club berlinesi in cui ognuno smette di essere ciò che è stato fino al momento del valico, trasformandosi semplicemente in pura libertà, tanto sessuale che di spirito.
LA POESIA A TUTTI I COSTI. Al di là della trama però, nella quale è facile riscontrare i “topoi” cari all’intera opera di Desiati – l’ancestrale che si compenetra con il paesaggio pugliese, l’anelito romantico di una scrittura a tratti lirica, il bisogno di far esplodere lo spirito sopra ogni carnalità evidente – ciò che risalta in “Spatriati” è la poesia a tutti i costi. L’intero romanzo è permeato dai versi di alcuni dei più importanti – e talora colpevolmente ignorati – poeti pugliesi: su tutti, il grande Vittorio Bodini autore della splendida silloge “La luna dei Borboni”. E portare questo afflato di poesia al più diffuso – leggi anche commerciale – dei riconoscimenti culturali d’Italia, oggi, può considerarsi già una mezza vittoria. Se poi si racconta anche la storia di un “ramingo, senza meta, interrotto” oppure di un “balordo, irrisolto, allontanato”, stando alla definizione che il dizionario martinese dà del termine “spatriato”, allora è la vittoria è totale.