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  • Pubblicata il: 10/11/2017 09:56:48

Matthew Whitaker ha sedici anni e talento da vendere

Bella scoperta nella seconda serata del Giordano in Jazz

“My name is Matthew Whitaker, I’m sixteen”. Si è presentato così, con tutta la semplicità del mondo: nome, cognome ed età. Come a scuola. Il resto, l’ha raccontato con le mani, condividendo il proprio talento con il pubblico del Teatro U. Giordano di Foggia, secondo appuntamento della rassegna Giordano In Jazz – Winter Edition organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune, in collaborazione con il Moody Jazz Café.


“FENOMENO”. Dall’organo Hammond al pianoforte, con una naturalezza che quasi sconcerta: il sedicenne Matthew è un fenomeno – Mario De Vivo, tra gli organizzatori, ha usato con cognizione questa parola – e la cosa è parsa subito chiara ai presenti, e peccato per quella fetta di pubblico che non ha voluto scommettere sulla serata. Il giovane pianista, in trio nel concerto ieri sera, giovedì 9 novembre, ha alternato jazz classico, hard-bop, blues, soul-jazz e pop-jazz come fosse un’unica lunga traccia, accavallando e scavallando le gambe dall’organo al pianoforte, con tanto di battimani dei presenti, ricevendo così, in piccolo, lo stesso trattamento riservato a Chick Corea lo scorso lunedì (ARTICOLO E VIDEO). Del grande maestro ispano-italo-americano ha anche suonato un brano infilandoci un accenno di volo del calabrone e concludendolo, poi, con un’ampia citazione di John Coltrane, “A Love Supreme” per la precisione, brano che fa il paio con un’altra perla del leggendario sassofonista, “My Favourite Things”.


DAL JAZZ A STEVIE WONDER. Matthew Whitaker, non vedente dalla nascita, ha suonato con lo spirito di un ragazzo della sua età ma con la qualità di un artista affermato, passando da un genere all’altro proprio come succede da adolescenti quando si scopre la musica, suonando e divertendosi sul palcoscenico, dimenticando di trovarsi dall’altra parte del mondo, miglia e miglia lontano dal suo New Jersey. E così dai grandi standard jazz e blues si è lasciato andare in un medley efficace dei mitici Eart, Wind & Fire per poi concludere il concerto in omaggio a un artista che, su di lui, quando era ancora bambino, aveva già piazzato una scommessa pesante: il grandissimo Stevie Wonder. “I Wish”, brano soul che più soul non si può, è stato forse quello suonato con più gioia dal giovanissimo artista e al pubblico del Giordano in Jazz non è sfuggito: in molti, alla fine, erano in piedi ad applaudirlo.

Foto di Enrico Maggi

di Alessandro Galano