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  • Pubblicata il: 17/02/2016 12:26:01

I “Milionari” di Alessandro Piva, un affresco della malavita campana: "Vale la pena vivere così?”

Intervista al regista della "Capa Gira". Stasera ultima chance foggiana per vederlo alla Città del Cinema: “mi sarebbe piaciuto presentarlo da voi, ma…”.

“Pochi lo sanno, ma io non sono nato in Puglia: al contrario di Modugno o di Arbore, io ho quasi fatto finta di esserlo, pugliese”. Parla del suo ultimo film, Alessandro Piva, a poche ore dagli ultimi spettacoli in programma alla Città del Cinema: ultimo giorno per guardare un film forte, di qualità, con un’ambientazione assolutamente realistica, sulla falsariga del suo piccolo, grande capolavoro, “La capa gira”. Ma in questa intervista – rilasciata in esclusiva a Foggia Città Aperta – il regista racconta anche il suo rapporto con la Puglia e con la Capitanata in particolare, svelando la sua “identità di frontiera”: “Se guardi sul mio profilo facebook – dice – c’è una foto dove ci sono io e dietro c’è il confine che divide la Puglia e la Campania, nei dintorni di Candela, questo perché sono nato campano anche se, appunto, mi sento un po’ scisso”.
La prima notizia in merito a questo film, è l’ambientazione: Alessandro Piva fa i conti con il suo passato e torna sul territorio che, nonostante il suo legame con la Puglia, gli ha dato i natali, giusto?
“Sì, sono nato in Campania, ma ho vissuto tanto in Puglia e anzi, aggiungo, mia nonna era di Foggia. L’ambientazione di ‘Milionari’ è tutta campana, napoletana, ma io ho questo legame forte con la regione pugliese e con Foggia in particolare: la prima proiezione della Capa Gira infatti, la sera dopo il David di Donatello, in una piazza gremita, avvenne proprio a Foggia e non è un caso se ci torno sempre volentieri. La provincia di Foggia poi, per varietà di paesaggio, è tra le più spettacolari in assoluto”.
Attori e collaboratori di quest’ultimo film sono di Napoli, o hanno avuto a che fare con Napoli. Questa radicalità rende “Milionari” un film vicino al tuo grande successo, “La Capa Gira”? O è qualcosa di completamente diverso?
“La Capa Gira è costato poche decine di milioni di lire, questo film molto di più. Un punto di contatto è il fatto che la ‘mission’ era quella di voler raccontare una città in maniera autentica e forte. Nella Capa Gira si volevo raccontare il momento storico, il fatto di vedere Bari e l’Adriatico, la vera frontiera d’Italia, tra sbarchi clandestini e contrabbando. Nel caso di Napoli invece, abbiamo focalizzato l’attenzione sull’affresco di un periodo e di un territorio: il film racconta trent’anni di storia. Questa la vera diversità tra i due film. Ma resta una storia basata sul reale, in una città esplosiva come, appunto, Napoli. A conferma di ciò, c’è il cast: i due protagonisti, Scianna e la Lodovini, non sono napoletani e sono gli unici a non esserlo, ma entrambi sono molto adatti a calarsi nei panni di personaggi di questo tipo e hanno già fatto dei film in dialetto napoletano dimostrando un’ottima capacità mimetica. Attorno a loro poi, c’è un cast assolutamente partenopeo: bisognava rendere tutto credibile, anche nelle movenze, nelle espressioni.
Il film è tratto dal libro omonimo di Giacomo Gensini, scritto con il magistrato Luigi Cannavale. E si rifà, appunto, ad una storia vera, in cui si racconta il disperato tentativo da parte del protagonista di “diventare un borghese”. Che cosa significa?
A differenza degli altri mie film, c’è una tesi di fondo, ispirata alle pagine più forti del libro, oltre che ad altri libri e fascicoli ai quali abbiamo attinto e in cui si racconta il modo di vivere dei grandi boss di malavita. C’è un contrasto che vede gente potentissima e ricchissima, costretta a vivere anni in condizioni inaccettabili, tra le intercapedini dei palazzi, addirittura ricorrendo all’ossigeno artificiale, scappando in continuazione e vivendo nel terrore di essere uccisi o arrestati, lontani dalle loro famiglie. Il film vuole porre una domanda attraverso un linguaggio semplice: ma ne vale la pena? Soprattutto ad un criminale comune, quanto gli conviene? Quanto costa vivere così? Il nostro protagonista vuole conciliare famiglia e clan, borghesia e malavita: questo non è possibile e infatti non ci riesce.
Com’è stato accolto il film a Napoli?
“Le storie raccontate nel film rappresentano un po’ l’iliade dei napoletani: molti fatti sono realmente accaduti e sono sedimentati nella loro memoria e molto spesso, durante le riprese, ci hanno chiesto quale attore avrebbe interpretato quel personaggio della malavita. Il pubblico campano è accorso in massa a vedere il film, anche per paragonare quello che sanno, il loro immaginario, con la nostra ricostruzione. C’è meno azione forse, rispetto alle serie tv, e ciò può deludere, ma noi siamo orgogliosi di aver portato al cinema persone che di rado ci vanno, soprattutto quando si tratta di film di denuncia, come questo”.
Quando girerai un film di questo tipo, “alla Piva”, anche nel territorio foggiano, magari proprio sul Gargano?
“Dopo due film girati fuori dalla nostra regione, ho voglia di tornare a casa. Avevo bisogno di girare un film a Roma, dove ho vissuto tanti anni, e un film nella regione da cui provengo anagraficamente. Direi che adesso è arrivato il momento di tornare a girare in Puglia e in provincia di Foggia mi piacerebbe molto: spero che ci siano le condizioni. Ma si potrebbe anche cambiare genere, ambito di racconto, potrebbe anche essere un film slegato dalla criminalità. A me piace esplorare…”
Restando nel territorio di Capitanata, perché non è stata fatta una presentazione del film anche qui a Foggia? Eppure hai un tuo pubblico in Capitanata…
“Purtroppo non sono riuscito a trovare il contatto di un essere umano per presentarlo anche alla Città del Cinema, dove è in programmazione fino a stasera: ho provato, ma niente. Peccato, vorrà dire che tornerò più in là, in un secondo momento”.

di Alessandro Galano