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  • Pubblicata il: 15/11/2017 15:28:41

MACCHEMUSICA/ Mesembria Magog, un viaggio tra luce e buio con i fratelli D'Onofrio

Nirvana, Marilyn Manson, Nine Inch Nails, Green Day, sono artisti noti nel panorama del rock internazionale, ma noi, emulando la protagonista dell’ultimo loro video, ci soffermeremo sulla copertina dell’album dei Mesembria Magog e ci faremo avvolgere dalle dure note del pezzo Against Everything, primo dei quattro dell’EP di debutto della band dal titolo Mk Ultra.  Parte con loro la nuova rubrica di Foggia Città aperta, 'MACCHEMUSICA', a cura di Alessandro Cavotta e Simona Auciello. Per scoprire giovani talenti e conoscere artisti. 

LA BAND. Facciamo un passo indietro, i Mesembria Magog nascono a Foggia nel 2000, i due fratelli Claudio e Stefano d’Onofrio, decidono di dare corpo alla loro idea di musica e con i pezzi creati, e la promozione degli stessi tramite una casa discografica napoletana, nacque la collaborazione con una band tedesca e il risultato fu un EP condiviso e ben riuscito tra le due band. I Mesembria Magog in questi 17 anni all’attivo si sono fatti conoscere sui palchi italiani partecipando alle selezioni dell’Arezzo Wave, aprendo il concerto degli Statuto, hanno condiviso il palco con nomi dal calibro di Mark Boals ex cantante dei Malmsteen, con i Sinister gruppo metal e con Richie Ramone, il batterista dei Ramones. L'ultimo lavoro in studio dei Mesembria Magog “MK Ultra” registrato nello studio “Cupola Produzioni” di Gianni Colonna, è stato distribuito e promosso nel Marzo 2017 dalla Nadir Music di Genova, e questo EP ha come caratteristica toni forti, psichedelici e ribelli.
 
Spiegateci la scelta di questo titolo, perché si chiama MK ULTRA?

Il progetto MKULTRA era il nome in codice dato a un programma illegale e clandestino di esperimenti sugli esseri umani studiato dalla CIA durante gli anni Cinquanta e Sessanta del ventesimo secolo. Lo scopo era di manipolare le menti e far confessare le persone che vi venivano sottoposte e torturate. Siamo arrivati alla consapevolezza che la quotidianità è sommersa dal controllo, dai social network, all’occhio del Grande Fratello (per dirla alla Orwell), alla semplice scelta di una pizzeria che ci ritorna sotto forma di pubblicità anche dopo ricerche successive non correlate ad essa. Siamo manipolati dalle tv che non ci comunicano più nulla.

 A proposito di questo, dei frammenti di Against Everything ci portano indietro in un flashback scenografico al primo video Hey Baby uscito a fine marzo. Siamo rimasti colpiti dal fil rouge dello schermo pixelato dei televisori, è questo quello che definite il non comunicare nulla dei media?

Le tv pixelate possono essere viste in modo ambivalente, la televisione non ci dice nulla. Si noti nel video, infatti, Claudio il frontman dei Mesembria, con una luce accesa che metaforicamente dovrebbe essere il lume della ragione, se non fosse per il dettaglio della benda che copre gli occhi e che offusca il cervello. Noi riteniamo sia tutto pilotato, come l’altra faccia della questione che riguarda il piano delle scelte musicali, quelle che non sono abbracciate dalla massa. Quello che noi suoniamo, è musica non popular, siamo coscienti che il nostro messaggio sia difficile divulgazione.

 E come la mettiamo con il gesto di chi si serra le labbra, altro atteggiamento frequente nei vostri videoclip?

Come per dire “Meglio se ci stiamo zitti, che qua ci arrestano!”, è la proibizione dello Stato italiano. Riteniamo che la libertà di pensiero sia fondamentale ma attualmente sembra che sia deleteria, perché si va incontro a vari tipi di sanzioni.

IL VIDEO.

LA CURIOSITA'. E qui allora nasce spontanea se la scelta della frase iniziale del video, la voce fuori campo che qualche attimo prima di scatenare la potenza delle note rock esordisce dicendo: “E’ evidente, quindi, che lo Stato non riesce a darti il buon esempio”. A quale volto dobbiamo attribuire queste parole e come è nata questa scelta.

Quella è una frase presa da un “Fantastico”, il noto programma televisivo che andava in onda in prima serata. Precisamente era il 1987 quando il grande Adriano Celentano, l’allora presentatore, in un messaggio iniziale esortava i cacciatori ad appendere i fucili e smetterla col massacro delle foche per la produzione di pellicce, ed io ero piccolo e rimasi folgorato da quelle parole, da quel personaggio così forte che denunciava questo tema così delicato con un tono così solenne e sicuro, così mentre ero alla ricerca di un intro per il pezzo, l’ho cercato in quel grande calderone del wide web e l’ho estrapolato, era a mio avviso il contesto giusto in cui collocarlo.

 Abbiamo molto apprezzato il pizzico di ironia con cui avete deciso di concludere il videoclip Against Everything. Probabilmente la scelta della protagonista che si risveglia dall’ipnosi e skippa all’artista successivo del suo i-pod, ci svela contro chi o cosa rivolgete le vostre note, spiegateci meglio contro chi lottate.

Con la scelta musicale della ragazza nel video, i nostri mondi implodono, come se non fossimo mai esistiti, tutto viene risucchiato nell’idiozia dell’uomo. Magari un prossimo video, per esempio Rebel Yell potrebbe partire da lì, giocando con i colori ma lasciando il finale non lieto. Per l’appunto il nostro grido è contro tutto e tutti, Against Everything è l’apoteosi della denuncia, è nato così e l’abbiamo sviluppato così, sia nella musica che nel video. Siamo dell’idea che è meglio rischiare di rimanere soli piuttosto che uniformarsi alla massa. E’ un Against che punta il dito contro lo Stato, contro le lobby, contro questa politica e questa crisi che ci sta attanagliando. La soluzione è non avere paura di lottare contro tutto, e se questo vuol dire rimanere soli, lasciare integra la propria identità, lasciando alla collettività l’ascolto di Justin Bieber e la visione del Grande Fratello Vip.

 Si percepisce forte scetticismo nei confronti dei media, del social e di tutto ciò che rappresenta il web. Cosa vi infastidice di questo mondo digital, non sarà solo una questione di divario generazionale?

Non ce l’abbiamo col web, il web è una risorsa in cui puoi prendere la tua arte e renderla fruibile a livello globale. Noi siamo contro il fatto che il web ha impigrito gli ascoltatori, con le persone pigre che non hanno nemmeno voglia di scoprire cosa c’è oltre questa finestra aperta sul mondo dalla potenza allucinante. L’iscrizione al social di Zuckerberg, sia per il profilo personale che per quello della band è stata inizialmente una scelta parecchio discussa, poi bisogna ammettere che il web ti dà la possibilità di fare quello che vuoi con un budget ridotto, tutto il nostro lavoro audio/video se non ci fosse stato l’ausilio della tecnologia sarebbe stato molto più dispendioso. Si basti pensare a quando siamo partiti nel 2000 con dei cellulari che non potevano ancora definirsi tali e il solo modo per pubblicizzare serate e pubblicizzarsi come band, rimaneva la distribuzione a mano di volantini. Con internet è tutto più immediato, la riproduzione del contenuto, la condivisione, il feedback degli ascoltatori.

Il nome della band è un accostamento tra il bene e il male. Mesembria era una regione tra l’antica Grecia e la Turchia paragonata al paradiso per il suo benessere e tenore di vita. Magog era un demone citato nell’Apocalisse. Attualmente, dopo 17 anni all’attivo di questa band, vi sentite più Mesembria o più Magog?

Non c’è un bene senza un male e viceversa, un po’ come la parte nera nel bianco e il bianco nel nero dello Yin e lo Yang. Noi vorremmo essere sempre Mesembria, che è il bene, però abbiamo notato che quando uno va ad intaccare le nostre cose, intralcia i nostri percorsi, diventiamo Magog. Il punto non è essere Mesembria o Magog, il punto è ammettere di essere Magog in una società dove regna il moralismo, il perbenismo e il qualunquismo. L’ammettere di essere un po’ Magog non è da tutti, noi ammettiamo di essere dei Mesembria.

di Redazione