Il Festival “Il libro possibile” è uno degli appuntamenti più attesi della stagione estiva. Le tappe di Vieste sono state seguite per noi da Cinzia Rizzetti, che ha firmato una serie di articoli legati agli incontri e alle presentazioni. A seguire, il suo resoconto sull'evento che ha visto protagonista Nicola Gratteri.
LA CARRIERA. Il procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri vive sotto scorta dall'aprile
del 1989. In prima linea contro la 'ndrangheta. Ha subito minacce e attentati a causa
del suo lavoro ma ha avuto “spalle larghe e nervi d'acciaio”, come sostiene da
sempre. È considerato uno dei massimi esperti nella lotta contro la criminalità
organizzata e spesso ripete che “oggi le mafie non sparano, ma il loro potere non è
mai stato così forte”. Ha svelato i legami nascosti con i mercati finanziari e la politica
diventando una cosa sola. Pone spesso l’accento sulla necessità di un maggiore
coinvolgimento della società civile nella lotta alla mafia e della consapevolezza che
le mafie sono infiltrate dappertutto e in vari settori della società e dell’imprenditoria.
Al festival “Il libro possibile”, oltre a rendere partecipe il pubblico delle sue azioni, anche la
presentazione dell’ultimo saggio, “Una Cosa sola”, scritto a quattro mani con
Antonio Nicaso, l’amico di una vita.
A Vieste ha concesso per Foggia Città Aperta un’intervista di
approfondimento.
Lei insiste sull’importanza delle intercettazioni, a chi fanno paura oltre ai
malavitosi ovviamente?
«Le intercettazioni sono il mezzo più economico e garantista per l’acquisizione della prova. Non è vero che costano troppo, costano solo centosettanta milioni l’anno, non sono un onere in un bilancio dello Stato. Lo Stato con le intercettazioni ci guadagna perché ogni volta che vediamo le forze dell’ordine arrestare e fare perquisizioni, a questi seguono il sequestro e la confisca dei beni: milioni di euro, orologi da collezione, preziosi in oro e argento e fanno paura a tutti quelli che forse hanno qualcosa da nascondere»
In che modo lo Stato ci guadagna?
«In merito agli ultimi sequestri da cifre davvero impressionanti, circa dieci milioni contanti e ventisei milioni di bitcoin trasformati in euro, sono finiti tutti nel Fondo Unico Giustizia. Fondi che possono essere spesi perché giunti a una sentenza definitiva».
Ritornando alle intercettazioni sono state dette delle inesattezze secondo lei?
«Si è parlato di intercettazioni a strascico che non esistono. Non è assolutamente possibile pubblicare tutte le conversazioni intercettate già dalla riforma Orlando e poi con la riforma Nordio. Se n’è parlato in Parlamento, e lo ha fatto sempre il ministro Nordio, dicendo che con le intercettazioni c’è uno “sputtanamento” (espressione alquanto colorita trattandosi di un ministro della Repubblica Italiana), questa cosa è inesistente. Sarei davvero curioso di sentire registrazioni dove si mette in pratica un cosiddetto sputtanamento. Potremmo parlarci per una settimana, la verità è che con questa ulteriore riforma Zanettin, che limita la durata delle intercettazioni a 45 giorni, non riesco a immaginare come documentare tutto. Le corruzioni così come vengono fatte oggi, dal momento dell’ideazione al momento del pagamento o del bonifico, durano un anno e quindi non è possibile documentarle con attraverso queste prove
verbali».«Le intercettazioni sono il mezzo più economico e garantista per l’acquisizione della
prova. Non è vero che costano troppo, costano solo centosettanta milioni l’anno, non
sono un onere in un bilancio dello Stato. Lo Stato con le intercettazioni ci guadagna
perché ogni volta che vediamo le forze dell’ordine arrestare e fare perquisizioni, a
questi seguono il sequestro e la confisca dei beni: milioni di euro, orologi da
collezione, preziosi in oro e argento».
Lei incontra tanti giovani, come sensibilizzarli? Come parlare di mafie e droghe
alle nuove generazioni?«Anche per questo tema non ci sono scorciatoie. È necessario parlare d’istruzione,
bisogna iniziare dai bambini anche piccolissimi. Dagli asili alle scuole medie
passando per le elementari, per insegnare loro il rispetto delle regole. Allenare i
ragazzi alla lettura, invogliarli, solo con la lettura, solo con l’istruzione i giovani
potranno capire il mondo degli adulti per non essere da loro usati e circuiti».
Brucia il Gargano, bruciano i monti Dauni. Tutto fa supporre a una regia
criminale. Dietro gli incendi l’ombra delle mafie. Cosa ne pensa? «La mafia del territorio è molto violenta. Più violenta rispetto alle altre. Una mafia
relativamente giovane che ha bisogno di farsi riconoscere, farsi vedere e sentire. Ha
bisogno del “pedigree”. Hanno bisogno di tempo per raffinarsi. Cercheranno con il
tempo di imitarle incominciando a investire i proventi delle attività illecite e quindi
entrare nel grande gioco del riciclaggio».
Ha ricevuto poi il provvedimento disciplinare da Nordio?
«No, nulla! Ho sentito solo le proteste del sottosegretario e ora viceministro Sisto. Il
ministro non si è lamentato, ha solo cavalcato la tigre affermando l’importanza della
separazione delle carriere. Io onestamente non ne capisco il nesso tra le mie
dichiarazioni e la separazione delle carriere però resta il dato che se Sisto ritiene che
io abbia violato o abbia creato disonore o ancora fatto perdere decoro alla
magistratura, dovrà provvedere a mandare un’ispezione o aprire un disciplinare».