IL GIOCO. L’eccezionale mercato del Sabato Santo e della domenica mattina si allestiva nelle antiche piazze della Cattedrale e del Lago, e la grande quantità del prelibato e sostanzioso prodotto delle galline base essenziali della cucina di quei giorni, era incettata nei Comuni e nelle masserie della provincia. Ma più che vero smercio, si trattava di un gioco; quel dù “tuzze”. Un gioco che si svolgeva nel seguente modo: pagata la posta, il giocatore, sottoponendosi a determinate regole, aveva diritto a urtare un dato numero di volte, un uovo contro l’altro, vincendo quelli che riusciva a rompere, altrimenti la partita terminava col nulla di fatto, e il giocatore doveva dichiararsi sconfitto.
IL TIFO E LE LITI. Era una gara che alla pari delle attuali partite di calcio, attirava la curiosità e appassionava folle di tifosi, che parteggiavano per l’uno o l’altro dei contendenti. Spesso una lieve infrazione alle regole del certame, tale da permettere all’abile giocatore di poter portare a casa un buon numero di uova, provocava il risentimento del venditore, per cui la competizione degenerava in vivaci discussioni e anche in liti.
Il ricordo della nostra tramontata usanza è riportato sui quotidiani dell’epoca e il particolare sulla Settimana Enigmistica dove si scrive che “nel 1820 era molto in voga tra gli scolari inglesi la gara dell’uovo, che consisteva nel picchiare un uovo contro quello del compagno, finché uno dei due fosse rotto”. Naturalmente, elementi per stabilire a chi spetti la priorità del gioco - se ai foggiani o agli inglesi - non ve ne sono: solo i nostri concittadini anziani del primo Novecento ne erano a conoscenza.
(Ettore Braglia)