“Una chiazza nera di petrolio minaccia le coste abruzzesi, il litorale  molisano e le nostre Tremiti. In casi come questo, non avremmo mai  voluto dire ‘l’avevamo previsto’, ma quello che sta accadendo in  Adriatico era uno dei rischi che ci hanno sempre fatto ripetere:  petrolio in mare, no grazie”. Il presidente del Consiglio regionale  della Puglia, Onofrio Introna, segue con apprensione lo sversamento dal  campo petrolifero Rospo Mare, al largo tra Abruzzo e Molise, a 12 miglia  da Termoli. Mille litri di idrocarburi sono stati liberati in  superficie e le correnti li spingono verso le isole Diomedee. Per questo Introna segue da vicino l'evolversi delal faccenda. “La Direzione Marittima competente della Guardia Costiera  informa che le unità sono già al lavoro e che non dovrebbero verificarsi  danni all’ambiente litoraneo, ma il fatto stesso che un incidente si  sia verificato e che stia impegnando uomini e mezzi della Marina –  continua Introna – conferma che coltivare petrolio scadente in un mare  così piccolo non è un rischio calcolato: è un azzardo gravissimo. Il  vantaggio non vale il pericolo di un disastro ambientale”.
COI NOSTRI MARI NON SI GIOCA Non a caso, la battaglia tra Regione Puglia e Governo per evitare l'installazioni di impianti petroliferi in mare aperto ha contraddistino i mersi scorsi. “È questo che segnaliamo al Governo centrale, in particolare al ministro  Clini, che se non ha mai respinto un canale di confronto con la Puglia,  con le Regioni e con il nostro 'No', ha sempre puntato su una  valutazione dei costi benefici della ricerca e sfruttamento di  idrocarburi marini. Ritengo che la valutazione sia stata fatta proprio  da questo incidente e che il risultato sia di tutta evidenza: coi nostri  mari non si gioca, non si barattano con nessuna macchia nera le risorse  del turismo, della pesca, dell’ambiente”. Anche per questo, Introna auspica "che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo  nazionale vorranno farsi carico di queste legittime preoccupazioni dei  cittadini che si affacciano sull’Adriatico, rivedendo tutta la normativa  che oggi consente con procedure alquanto discutibili il rilascio di  autorizzazioni a violentare il nostro mare”.