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  • Pubblicata il: 29/07/2016 12:42:31

Il ragazzaccio del rock italiano è tornato ed è in gran forma, ma quanta nostalgia dei Litfiba

Ieri sera, in Villa Comunale, il bel concerto di Piero Pelù

“Sento odore di zolfo nell’aria”. Molti hanno già capito. Alcuni ci sperano. Siamo a metà concerto e quando la chitarra attacca quel riff tanto amato, il pubblico foggiano ha già le mani in alto e salta, stregato da El Diablo. Alias Piero Pelù.

ROCK IN VILLA COMUNALE. Fotografie di una serata in Villa Comunale, location riabilitata per scopi culturali dall’Amministrazione Comunale e affidata al sodalizio firmato da “Bella vita Eventi” e “Obiettivo Futuro”, due tra le realtà più attive sul territorio in questi ultimi mesi (foto a corredo dell'articolo a cura di Fabio Lo Muzio e Ilaria Di Lascia). A loro, pertanto, va il merito di aver organizzato, ieri sera, 28 luglio, il concerto “Bandidos” di Piero Pelù, di ritorno nel capoluogo dauno dopo tanti anni di assenza. Un spettacolo di puro rock ad alto tasso di nostalgia – inutile, insincero e impossibile negarlo – davanti ad un pubblico divertito e prevalentemente composto da trenta-quarantenni – come dire, la quintessenza della frangia storica dei fan Litfiba.

“INGINOCCHIATEVI, QUESTA E’ UNA LITURGIA”: EL DIABLO. Piero Pelù è in forma, comunque. E si vede. Affiancato in questo tour in trio dal chitarrista di Edoardo Bennato, l’ottimo Giuseppe Scarpato, e dal giovane batterista Luca Martelli, autore anche dell’energica apertura in veste di “Kombact Drums” (batteria solista live su elettro-rock d’ispirazione anni ’90 a far salire la febbre per Piero: 45 minuti sottratti al “vero” concerto, a dire di una parte di pubblico; in realtà, un “open live” annunciato nel programma e decisamente di buon livello). Ad ogni modo, movenze, facce, e presenza scenica sono quelle di sempre: un indomito ultra-cinquantenne che ha inciso sul marmo del rock italiano pagine di straordinaria levatura – secondo alcuni, il numero uno in Italia, e forse è così. Come quando fa inginocchiare (letteralmente) i mille e cinquecento foggiani, sempre durante El Diablo perché, come dice, “Questa è una liturgia ragazzacci, e qui siamo nella terra di Padre Pio”. Dissacrante, ironico, provocatore. O, semplicemente, rocker – o “rocketero”, come gli piace dire.

“MAI PIU’ GUERRE, MAI PIU’ MINE E MAI PIU’ MONOROTAIE”. Ma a colpire è la voce, lo strumento di Piero Pelù, ancora integra, capace di saliscendi che non possono non rievocare il meglio della sua produzione artistica, ovvero il meglio della produzione Litfiba. Dopo “Io ci sarò”, primo brano del concerto, il ragazzaccio toscano ha proposto il proprio repertorio da solista, come da programma, concedendo ai vecchi fan solo qualche breve discesa agli inferi – El Diablo, come detto, e i più recenti “Toro Loco” e “Libera la tua mente” (già era post-Litfiba). Emozionante poi, l’omaggio alle vittime della tragedia di Corato, anticamera del sempre attuale “Il mio nome è mai più”, scritto insieme con Jovanotti e Ligabue e lanciato in pieno stile Pelù: “Mai più guerre, mai più mine antiuomo… E mai più monorotaia!”.

I TRIBUTI AI GRANDI. Infine, tre tributi: “Pugni chiusi” di Demetrio Stratos, “Il pescatore” di Fabrizio De André (forse la migliore performance della serata, suonata con piglio rock e fatta propria dal cantante toscano) e, a sorpresa, con tanto di testo svolazzante, la storica “Paranoid” dei Black Sabbath: “Una ninna-nanna finale come se ve la cantasse Ozzy Osbourne”. Tradite, per così dire, le speranze dei vecchi fan riposte nel bis finale: chi sognava qualche “scossa di terremoto” non ha nascosto un pizzico di delusione. Ma fa niente, al ragazzaccio del rock italiano si perdona questo e molto, molto altro.

di Alessandro Galano