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  • Pubblicata il: 22/09/2021 12:04:42

Le batterie, l'espansione in altre regioni e il nuovo modus operandi: la mafia foggiana nella relazione della DIA

Un’attenzione particolare per le possibili dinamiche evolutive merita il contesto foggiano, dove operano le tre storiche organizzazioni della Società foggiana, della mafia garganica e della delinquenza cerignolana. E' quanto emerge dalla relazione del Ministro dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, relativa al secondo semestre del 2020.  La Provincia di Foggia, pertanto, continua a essere al centro dell'attenzione e nel dettagliato report emerge un quadro preocupante. Ecco il primo di una serie di focus ed estratti della relazione che pubblicheremo nell'ambito della provincia di Foggia. 

LE ORGANIZZAZIONI. Il fenomeno mafioso in Capitanata - si legge nella relazione - continua ad essere segnato dalla presenza delle tre distinte articolazioni quali: la società foggiana, la mafia garganica e la malavita cerignolana. Si tratta di espressioni criminali diverse tra loro che, nel tempo, hanno saputo interagire realizzando modelli strutturali omogenei per molti dei gruppi criminali che vi afferiscono. Risultati investigativi e di analisi fanno presupporre come il quadro criminale della provincia foggiana, articolato in diverse aree (capoluogo di provincia, Gargano, alto e basso Tavoliere), converga verso un riassetto seppur precario volto a metabolizzare le attività di contrasto della Magistratura e delle Forze di Polizia.

NUOVI MODUS OPERANDI. Le incisive risposte della “Squadra Stato” - rimarca il report - infatti hanno segnato profondamente la struttura criminale dei clan che, privi dei rispettivi vertici e fortemente destabilizzati sia sul piano operativo che decisionale, potrebbero tentare una silente rimodulazione attraverso nuovi modus operandi. Elementi a sostegno di questa chiave di lettura si possono desumere dalla posizione di centralità assunta dalla società foggiana che anche nel periodo di riferimento conclamerebbe la sua progressiva espansione nei territori della provincia ma anche oltre confine verso regioni come l’Emilia Romagna, l’Abruzzo e il Molise.

LE BATTERIE. Il processo espansionistico si sarebbe principalmente concretizzato attraverso il potenziamento del ruolo delle batterie, un vero e proprio motore operativo dell’organizzazione mafiosa che partendo da un comune epicentro fondante si sono espanse sempre più verso l’esterno. Attraverso un controllo magmatico del territorio la mafia del capoluogo tenderebbe a superare forme di instabilità e conflittualità per protendere verso nuovi assetti organizzativi più consolidati e fondati su strategie condivise.
Infatti, a fasi di turbolenza che hanno dato il via a scontri armati tra le tre batterie hanno fatto puntualmente seguito la mirata ricerca e il contestuale recupero della coesione interna in un andamento altalenante teso alla elaborazione di più efficienti modelli organizzativi capaci di governare la complessità del processo espansionistico. La sinergia tra i clan funzionale alla pianificazione e gestione delle attività illecite, nonché alla condivisione degli interessi economico-criminali si tradurrebbe nella riproduzione di canoni strutturali assimilabili a quelli della ‘ndrangheta con modalità di intervento particolarmente forti e insidiose al punto da realizzare ramificate commistioni con il tessuto connettivo sociale ed economico.

UN SOGGETTO CAMALEONTICO. Gli atti di indagini del semestre, infatti, hanno evidenziato e confermato come la società foggiana sia un “soggetto camaleontico” capace di rispondere alle azioni repressive dello Stato con una diversa fisionomia che ne mimetizza i caratteri originari avvalendosi di quell’area grigia costituita da imprenditori, professionisti e appartenenti alle istituzioni compiacenti o contigui ai clan. In tal senso si era già espresso il Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, nel corso dell’intervento tenuto presso l’Università di Foggia il 27 gennaio 2020 ma anche più recentemente in occasione della conferenza stampa del 16 novembre 2020 relativa all’inchiesta “Decimabis”96. “La società foggiana è divenuta il primo nemico dello Stato”: queste sono state le parole forti del Procuratore Nazionale nel commentare gli esiti processuali dell’indagine che hanno sottolineato la significativa vocazione imprenditoriale della criminalità foggiana la quale pur fedele alla tradizione mafiosa di cui si nutre è stata capace di aprirsi alla modernità orientandosi verso un più evoluto modello di “mafia degli affari”.

IL CONTROLLO DEL TERRITORIO. E ancora il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Roberto Rossi, ha affermato che “…tutti gli organi istituzionali (dal CSM al Parlamento) riconoscono la terribile pericolosità di questa mafia. Non solo per la capacità militare, ma soprattutto per la capacità di controllo del territorio e di infiltrazione nel tessuto economico politico. In altre parole, un controllo assoluto del territorio.

di Redazione