Anche i lustrascarpe nella nostra città hanno cambiato nome: Shoe-Shine. Sciuscian!
Prima i lustrascarpe venivano fuori in primavera: sui marciapiedi assolati di Piazza Cavour, agli angoli della strada della Chiesa di Sant’Antonio oggi Credito Italiano, alle piazze sparse di alberi della Stazione.
Installavano una specie di grosso seggiolone sormontato da un ombrello: qualcosa di mezzo tra sedia gestatoria e la sedia del cavadenti.
Stavano lunghe ore in attesa dei clienti, al sole, come i vetturali sul serpe della carrozza, come i facchini sulle panchine della stazione.
LE GRIDA. I lustrascarpe del Dopoguerra hanno abbandonato la vita contemplativa.
Erano dinamici, vigili, attenti: come in agguato, pronti al richiamo e all’invito. Gridavano forte: Sciuscian, sciuscian! Come i venditori di sorbetti o caldarroste.
Facevano chiasso a tutte le ore.
Prima tu non li vedevi, dovevi cercarli in caso di bisogno. Diventarono nel Dopoguerra elementi essenziali della vita delle strade.
Stavano chini alle divise, gli occhi fissi alle punte delle scarpe, e lavoravano veloci di braccia: pulivano, lucidavano con spazzole e spazzolini e strisce di stoffa.
I FANCIULLI. C’erano Shoe-Shine di tutte le età; uomini e donne, giovani e vecchi.
Ogni tanto i sciuscian levavano la testa a guardare se gli altri clienti fossero presso il seggiolone, in attesa del turno.
Erano instancabili. C'erano uomini e donne, giovani e vecchi. Ma anche fanciulli: facevano pena e onta, perché costretti a lavorare così duramente nonostante la loro giovane età. Ed era un'onta per tutti anche per un’altra ragione piccola, sottile, inconfessata.
Ecco: perché imparavano a stare curvi, a stare chini, a stare proni.
Perché imparavano a stare ai piedi della gente. I nostri ragazzi non avrebbero dovuto imparare questo atteggiamento di umiltà e servitù.
Era come un simbolo, era come un presagio, era come una condanna questo atteggiamento dei nostri ragazzi di star chini ai piedi delle divise.
La generazione che è venuta su non doveva stare ai piedi di nessuno.
Ed è stato tutto dipeso dai grandi e dipenderà da quello che sapremo fare nel futuro. (Ettore Braglia)