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  • Pubblicata il: 05/05/2018 19:15:27

Il Silos Granario abbandonato/ LA STORIA DI FOGGIA

Il nuovo articolo di Salvatore Aiezza

Si è da pochi giorni chiusa l’ennesima edizione ”flop” della Fiera dell’agricoltura. I numeri oramai sono da fallimento, anche a sentire le varie conferenze e dibattiti; tanto che da qualche parte si è avanzata l’idea di “stravolgerne” completamente la storia (anziché riportarla agli splendori di un tempo, ma questo è un mistero), cambiandole il nome e il periodo in cui farla. Detto questo, vorrei, questa settimana, intrattenerVi, ancora, sul prodotto più importanti della nostra terra, il grano, e quello che nel secolo scorso ha rappresento il suo simbolo. Un simbolo vanto di tutto il sud Italia. Il Silos Granario. Un'opera importante e imponente, il silos è stato costruito negli anni '30, destinato a contenere l’enorme quantità di grano prodotto. Chissà  quanti ragazzi, transitando per Via Manfredonia, avranno notato questo enorme, oramai scheletro, abbandonato e si sarnno chiesti cosa mai fosse stato quel “rudere” in passato. Ebbene, quel “rudere” ha rappresentato, nel mondo, per decenni, la nostra Città e provincia. Buona lettura a tutti.

IL SILOS. Da sempre, in ogni società e in tutte le aggregazioni umane, da quelle più piccole, come la famiglia, alle più grandi, come può essere una comunità di cittadini, si è cercato di preservare nel tempo il simbolo che la contraddistingue. E’ accaduto e accade dovunque in Italia e in Europa. Mai una Città si priverebbe di quello che ha rappresentato, nel tempo, la propria identità, la nascita e la cultura di un popolo. Tanto per uscire dal vago, prendiamo il caso della nostra Foggia. E’ universalmente riconosciuto il ruolo di Foggia quale “Granaio d’Italia” e, da qualche anno, grazie all’iniziativa di Confagricoltura, sostenuta dalla Regione Puglia, Facoltà di Agraria e da molte altre istituzioni, si ambisce ad ottenere il riconoscimento europeo di capitale del grano duro. Con queste premesse, tutti noi ci aspetteremmo di veder salvaguardata e, anzi, valorizzata qualsiasi cosa abbia a che fare con il simbolo della nostra storia e della ricchezza economica che per tantissimi decenni ha rappresentato: Il grano. Cito, tanto per completezza dell’argomento, niente meno che il grande Giuseppe Ungaretti: «Piazza ovale che non finisce più, d’una strana potenza. È tutta sparsa di gobbe, sconvolta, secca, accecante di polvere… nessun luogo avrebbe più diritto d’esser dichiarato monumento nazionale ». E’ la celebre descrizione del “nostro” piano delle fosse dove, guarda caso, si conservava proprio il grano! 

IL RICORDO. Una città che vuole conservare nel tempo la propria identità farebbe dunque carte false pur di tenere tenacemente ancorato il suo territorio a quegli elementi che, nel nostro caso il grano, la rappresentano in tutto il mondo. Immagino, per esempio, per Foggia, come si sarebbe potuto conservare e valorizzare, almeno quel che rimaneva, dopo i bombardamenti, il piano della fosse (anche da un punto di vista turistico) con le poche fosse granarie rimaste. E’ vero. Una c'è, davanti alla Basilica di San Giovanni Battista. Ma non è più una fossa granaria, bensì ma una “fossa della monnezza!”. Allora, penseranno in molti, cerchiamo almeno di recuperare al patrimonio storico nostrano, l’unica cosa che ancora ci lega (simbolicamente) all’oro giallo: Il Silos granario più grande d’Europa. L’ultimo emblema della Città. Inaugurato nel 1937, l’edificio possente e architettonicamente particolare, è l’ultimo testimone di quella che poco sopra abbiamo definito “Capitale del Grano”. 

LE FIRME. Apriamo una parentesi, cari lettori, e immaginiamo che cosa avrebbe rappresentato e come sarebbe stato valorizzato questo monumento, se fosse stato il simbolo, faccio per dire, di una città del nord! Nessuno si sarebbe nemmeno azzardato al solo pensare, di abbatterlo!  Qualche anno fa il Gruppo degli Amici Della Domenica e dell’associazione “Salviamo il silos” hanno raccolto tante firme in difesa del monumento di Via Manfredonia. Gli ideatori del manifesto chiesero al Ministero dei Beni Culturali di istituire immediatamente il vincolo di tutela al bene, sensibilizzando il Comune di Foggia ad avviare opportune iniziative per il recupero del sito. E le idee non mancano certo: c’è chi vorrebbe farlo diventare un mega contenitore culturale, dove possano trovar posto le varie componenti, per esempio, dei teatri vernacolari locali e alcune facoltà universitarie. C’è chi vedrebbe il luogo ideale dove far nascere un grande museo di storia cultura e tradizioni locali e, lo spazio non mancherebbe, realizzare il grande sogno di migliaia di foggiani: quello di un museo permanente sulla storia dei bombardamenti del 43. Ma non mancano altre idee per restaurarlo valorizzarlo e destinarlo alla pubblica autorità e anche ai circuiti turistici. In altre città europee si è fatto. A Strasburgo, per esempio, il silos granario dei primi anni del secolo è stato trasformato in biblioteca! Noi, no! Il fatto è che diventa persino difficile dare una spiegazione ai tanti ragazzi, agli studenti, alle persone che - faccio il mio esempio, nell’ambito dell’Università del Crocese -, chiedono il perché certe cose, alle quali sono legati da storia e cultura, vadano scomparendo. Cosa dobbiamo dire a tutte queste persone? E pensare che oramai da anni, la stampa e le associazioni locali e nazionali ( come Italia Nostra) si occupano del problema con servizi, reportage, interrogazioni. Ma, purtroppo, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Non ci resta che sperare in un… Miracolo!
(Salvatore Aiezza)

di Redazione