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  • Pubblicata il: 02/03/2021 19:29:26

Suicidio di Fallaye Dabo, la rabbia di Soumahoro: “La città deve sostenere il grido di dolore dei braccianti”

Presidente Lega Braccianti lancia manifestazione: 8 marzo in Prefettura

“È un momento di dolore enorme ma chiediamo che sia fatta piena luce su questa storia: come mai si è tolto la vita? Cosa aveva di così grave, a ventotto anni? Cosa gli è successo?”.

GRIDO DI DOLORE DI UN TERRITORIO. Su quanto accaduto appena 24 ore fa nelle campagne di Lucera, Aboubakar Soumahoro, presidente nazionale della Lega Braccianti, non ha dubbi: bisogna indagare, capire e diffondere le motivazioni di un gesto così estremo. A suo dire, infatti, il suicidio di Fallaye Dabo, bracciante ventottenne nato in Mali, è un gesto che non riguarda solo il destino di un singolo, ma è il grido di dolore di un intero territorio, di un’intera classe di lavoratori, italiani e stranieri. “Questa è una terra di duro lavoro bracciantile – ha spiegato Soumahoro, raggiunto al telefono da Foggia Città Aperta – che deve avere una connessione empatica con queste persone, deve sostenere e sentire il loro grido di dolore: questo però non sta avvenendo”.

NEGATA ISCRIZIONE ALL’ANAGRAFE. Il riferimento è a una filiera alimentare insanguinata che Aboubakar conosce bene, soprattutto quando si parla della terra dei pomodori, della Capitanata, dei ghetti e di quei lavoratori sfruttati nelle campagne foggiane. “I nonni e i genitori di questa terra – ha continuato – hanno vissuto la miseria, la fame e la ricerca del riscatto. Eppure, ancora oggi, qui, nel 2021 viene negata l’iscrizione all’anagrafe ad alcune persone, impedendo loro di avere dei documenti, di procurarsi una patente di guida per poter lavorare, di esistere come tutti gli altri”. È, parafrasando Hannah Arendt, una banalizzazione della miseria che, per Soumahoro, non affossa solo i migranti: “I contadini di Capitanata fanno la fame, i loro figli scappano: ci stiamo abituando all’idea di Foggia come terra di fuga e di miseria, ma questo non è accaduto per dannazione divina, sono state fatte delle scelte politiche precise”.

LA REGIONE PUGLIA E’ LATITANTE. Il leader nazionale dei braccianti punta il dito sulla Regione Puglia, anzitutto, che non esita a definire latitante e che, a suo dire, avrebbe abbandonato i braccianti. “Si preferisce consegnare il destino degli ultimi in progetti a tempo determinato – ha detto in merito – anziché creare veri processi di emancipazione: è un atteggiamento politico preciso perché dividere conviene, creare miseria conviene, capitalizzare il disagio conviene. Perché in Puglia i soldi delle politiche d’immigrazione finiscono in progetti da cinquantamila euro che hanno già la data di scadenza? Noi non vogliamo l’ennesima foresteria, i soldi dell’Unione Europea non servono all’assistenzialismo ma ad emancipare tutti, italiani e stranieri”.

MANIFESTAZIONE DELL’8 MARZO. Per Aboubakar Soumahoro poi, anche il volontariato – la sua parte sana – deve stigmatizzare chi lucra sul disagio, “chi fa troppe riunioni per non decidere mai nulla, chi parla di liberare i braccianti senza poi fare niente in quella direzione”. Il presidente nazionale della Lega Braccianti, in definitiva, sostiene la necessità di denunciare in tutte le sedi opportune: in tal senso, un momento di condivisione pubblica di questo dissenso può essere proprio la manifestazione indetta per l’8 marzo (ore 11) davanti alla Prefettura di Foggia. “Uniamoci tutti – ha concluso – la città deve connettersi alla miseria dei braccianti e al dramma dei giovani che scappano”.

di Alessandro Galano