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  • Pubblicata il: 30/07/2012 08:56:02

TFA, lettera aperta al ministro Profumo

Aderisce anche il rettore di Foggia, Giulio Volpe

Chiusa la prima tornata di prove della discussa preselezione del TFA, i  nuovi tirocini validi per l’insegnamento: pochi gli ammessi e moltissimi gli scontenti, compresi docenti e rettori. Non fa eccezione il professor Giuliano Volpe, magnifico dell’Ateneo di Foggia il quale, con una lettera inviata alle redazioni di Capitanata (e non solo), ha manifestato la propria adesione ad un’iniziativa di protesta nazionale promossa – come si legge – da “una serie di società e consulte universitarie dell'area umanistica”.
CARO MINISTRO TI SCRIVO. Una lettera aperta destinata al ministro Profumo,  interamente incentrata sulla vicenda dei TFA, contestandone “le scelte effettuate, il tipo di domande, la “filosofia” posta alla base di una prova di questo tipo”. Foggia Città Aperta ha seguito la questione sin dall’inizio, pubblicando non meno di una settimana fa un’interessante intervista al docente di latino Giovanni Cipriani e, subito dopo la prova valida per le classi di concorso A043 e A050, raccontando una delle preselezioni più affollate e discusse, direttamente dalla sede del concorso. Di seguito invece, la lettera aperta del rettore dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe, pubblicata nella sua interezza:  

A questa lettera ho aderito sia come Presidente della SAMI-Società degli Archeologi Medievisti Italiani sia come Rettore.
Come Rettore, infatti, sono testimone dell'enorme sforzo compiuto, in una fase di profondi cambiamenti organizzativi oltre che di drammatiche difficoltà finanziarie, dalla Crui e dalle Università per organizzare al meglio le prove di ammissione, con una mobilitazione straordinaria di docenti e collaboratori amministrativi, con l'approntamento di accurate misure di sicurezza, controllo e vigilanza per garantire ai partecipanti il massimo rigore nella gestione dei test.
Molti specialisti (anche bravissimi e preparati professori) hanno ammesso che le domande erano di difficile o quasi impossibile soluzione tanto che non sarebbero stati nemmeno loro in grado di superare il test. Abbiamo poi dovuto verificare l'assurdo 'nozionismo' (ma uso un eufemismo) che ha ispirato i test, peraltro non primi di errori (come ha segnalato in un suo 'gustoso' commento sul Corriere della Sera Luciano Canfora), vedere tanti ragazzi preparatissimi (tra cui dottorandi e dottori di ricerca con ottime pubblicazioni, alcuni vincitori di Firb o di progetti europei, ecc.) consegnare tra le lacrime il foglietto, percepire la rabbia di giovani-non più giovani precari che insegnano da anni nelle scuole costretti a questa ulteriore umiliazione, assistere impotenti ad un'altra tappa della distruzione anche psicologica di un paio di generazioni.
 A mio parere, anche questa prova contribuisce a chiarire quale sia l'idea di 'meritocrazia' e quale il progetto di Università da anni perseguito e ora sostenuto con particolare impegno e 'competenza' dall'attuale Governo con il sostegno di alcuni grandi giornali e potenti organizzazioni politico-economico-imprenditoriali, fatto di pesanti tagli, significativi aumenti delle tasse studentesche, annullamento di ogni forma di autonomia (e non parlo di certe forme di autonomia irresponsabile di cui le università di sono oggettivamente rese colpevoli in passato), marginalizzazione delle scienze umanistiche, affermazione di un modello tecnologico-tecnocratico fondato sui politecnici e su poche università di 'prestigio' (era sostanzialmente questo già il modello AQUIS!), penalizzazione delle università meridionali, sostanziale destrutturazione del sistema universitario pubblico nazionale.
 Chi lavora nell'Università, per una Università realmente di qualità, libera e democratica non può accettare in silenzio questa ulteriore pagina nera dell'Università e della Scuola italiane.
Cosa succederà ora è difficile da prevedere: accorpamento in poche sedi dei pochi ammessi? prove invalidate? nuove prove per anticipare a quest'anno i corsi previsti per il prossimo anno? Ma soprattutto che senso ha questa operazione, che è costata e continua a costare una fatica organizzativa enorme alle Università? Certamente non sarà possibile, anche per i costi previsti, organizzare corsi per pochissimi tirocinanti o addirittura per uno solo.
Perché continuare a illudere prima e poi a disilludere drammaticamente tanti giovani, precari, già frustrati nelle loro aspettative? E perché continuare a sovraccaricare le università di tanti impegni, che poi si rivelano inutili? Quale Università e quale Scuola vogliamo per il futuro del Paese?

Giuliano Volpe, Rettore

di Redazione