Stampa questa pagina

Un giro d'affari da 150 mila euro, fatto con i "caffè" e le "cipolline"

Tra Margherita e Cerignola, tre gruppi criminali

Tutto è partito da una dose di cocaina. L’attività investigativa del nucleo carabinieri ha preso avvio, infatti, a seguito di un controllo nei confronti di due persone, avvistate mentre fuoriuscivano da un'abitazione sita in zona “Isola Verde”, a Margherita di Savoia. Fulcro della rete di attività illecite – compresa quella di falso e favoreggiamento di immigrazione clandestina – una donna, Lucia D'Angelantonio. Da lei, pertanto, si sarebbero diramati i “tre gruppi” illegali, in grado di produrre da marzo a ottobre 2011, un giro d'affari di circa 150 mila euro, forte di ben 1300 episodi di spaccio. In questo video e nell'articolo, l'aggiornamento completo di quanto riportato dai precedenti articoli pubblicati in merito (LEGGI).
 
LE “CIPOLLINE” DA SMERCIARE. Usavano le stesse utenze telefoniche e parlavano “la stessa lingua”. Un sistema di comunicazione sofisticato, atto a nascondere innanzitutto l'identità dei coinvolti e, anche, volto a comunicare “in codice” il grosso dell'attività di spaccio. Si spaziava da “motorino” a “caffè”, per indicare una dose, o anche “motore grande” e “macchina”, fino a parlare di “cipolline”, contestualmente alle dosi di cocaina confezionate per lo spaccio da strada, ravvolte in buste chiuse a mo' di cipolla. Anche i colori rientravano nel gergo: la coca poteva essere, infatti, bianca o gialla, ossia naturale o sintetica. Se, infine, era “lenta”, significava che la partita non era delle migliori. 
 
UNA RETE BEN RAMIFICATA. Ad ogni modo, l'operazione di carabinieri, ha consentito l'individuazione di un numero rilevante di spacciatori operanti prevalentemente a Margherita di Savoia e nei comuni limitrofi, dediti all’acquisto, detenzione e spaccio di droga. In particolare, sono stati individuati ben 9 aggregati, ciascuno impiegato in piena autonomia operativa. Al gruppo della D'angelantonio poi, facevano riferimento la figlia M. F., classe '93, il genero di nazionalità albanese K. A. e suo fratello K. D. A rifornire anche il gruppo della donna (e viceversa, quando terminata la propria scorta) era Giuseppe Di Pace, a capo di un altro gruppo di spacciatori, tra i quali diversi giovanissimi appena maggiorenni, per un totale di undici persone “al servizio”, ciascuno dotato di una propria autonomia nel territorio di riferimento. Infine, il gruppo facente capo a Rodolfo Valentino (omonimo del celebre attore italo-americano), a chiudere la rete. Questi, pertanto, si riforniva di cocaina e marijuana da alcuni “amici di Cerignola”, per poi venderla direttamente o tramite vari altri intermediari. 
 
C'E' ANCHE LA RAPINA A MANO ARMATA. Secondo il Gip inoltre, per Giuseppe Di Pace, Massimo Riontino e Michelangelo Dassisti, sussistono  gravi indizi quali esecutori materiali di una rapina a mano armata e dei connessi reati di detenzione e porto illegale di armi, oltre che di lesioni personali aggravate. Anche in questo caso, i fatti risalgono al 2011, esattamente al 3 luglio. A Margherita di Savoia, due uomini, armati di pistola e con il volto coperto, aggredivano il titolare di un supermercato nella propria abitazione. Questi, nel tentativo di mettere al sicuro l'incasso, avvolto in una busta di plastica, provava a nasconderlo nel giardino di casa, cosa che però non sfuggiva ai rapinatori i quali, prontamente, si appropriavano dei 9.850,00 euro d'incasso. Dalle informazioni acquisite nell’immediatezza dei fatti, da persone che avevano assistito alla rapina, i Carabinieri apprendevano che i rapinatori erano fuggiti a bordo di una Lancia Thema, di colore blu, condotta da una terza persona. L’auto era stata rubata a Zapponeta. Secondo accertamenti telefonici, si è riusciti a risalire a Di Pace, il quale, dopo aver pedinato la vittima, aveva fornito telefonicamente tutte le informazioni del caso ai due complici. Questi, pertanto, individuati in Riontino e Dassisti, avevano provveduto materialmente alla rapina, con tanto di volto coperto e armati di pistola. Le indagini avevano consentito, nell’immediatezza dei fatti, di recuperare parte del bottino e di rinvenire l’auto utilizzata nella rapina.
Tutto è partito da una dose di cocaina. L’attività investigativa del nucleo carabinieri ha preso avvio, infatti, a seguito di un controllo nei confronti di due persone, avvistate mentre fuoriuscivano da un'abitazione sita in zona “Isola Verde”, a Margherita di Savoia. Fulcro della rete di attività illecite – compresa quella di falso e favoreggiamento di immigrazione clandestina – una donna, Lucia D'Angelantonio. Da lei, pertanto, gli inquirenti sono riusciti a risalire ai “tre gruppi” illegali, in grado di produrre da marzo a ottobre 2011, tra Margherita di Savoia e Cerignola, un giro d'affari di circa 150 mila euro, forte di ben 1300 episodi di spaccio. In questo video e nell'articolo, l'aggiornamento completo di quanto riportato dai precedenti articoli pubblicati in merito (LEGGI).
LE “CIPOLLINE” DA SMERCIARE. Usavano le stesse utenze telefoniche e parlavano “la stessa lingua”. Un sistema di comunicazione sofisticato, atto a nascondere innanzitutto l'identità dei coinvolti e, anche, volto a comunicare “in codice” il grosso dell'attività di spaccio. Si spaziava da “motorino” a “caffè”, per indicare una dose, o anche “motore grande” e “macchina”, fino a parlare di “cipolline”, contestualmente alle dosi di cocaina confezionate per lo spaccio da strada, ravvolte in buste chiuse a mo' di cipolla. Anche i colori rientravano nel gergo: la coca poteva essere, infatti, bianca o gialla, ossia naturale o sintetica. Se, infine, era “lenta”, significava che la partita non era delle migliori. 
UNA RETE BEN RAMIFICATA. Ad ogni modo, l'operazione di carabinieri, ha consentito l'individuazione di un numero rilevante di spacciatori operanti prevalentemente a Margherita di Savoia e nei comuni limitrofi, dediti all’acquisto, detenzione e spaccio di droga. In particolare, sono stati individuati ben 9 aggregati, ciascuno impiegato in piena autonomia operativa. Al gruppo della D'angelantonio poi, facevano riferimento la figlia M. F., classe '93, il genero di nazionalità albanese K. A. e suo fratello K. D. A rifornire anche il gruppo della donna (e viceversa, quando terminata la propria scorta) era Giuseppe Di Pace, a capo di un altro gruppo di spacciatori, tra i quali diversi giovanissimi appena maggiorenni, per un totale di undici persone “al servizio”, ciascuno dotato di una propria autonomia nel territorio di riferimento. Infine, il gruppo facente capo a Rodolfo Valentino (omonimo del celebre attore italo-americano), a chiudere la rete. Questi, pertanto, si riforniva di cocaina e marijuana da alcuni “amici di Cerignola”, per poi venderla direttamente o tramite vari altri intermediari. 
C'E' ANCHE LA RAPINA A MANO ARMATA. Secondo il Gip inoltre, per Giuseppe Di Pace, Massimo Riontino e Michelangelo Dassisti, sussistono  gravi indizi quali esecutori materiali di una rapina a mano armata e dei connessi reati di detenzione e porto illegale di armi, oltre che di lesioni personali aggravate. Anche in questo caso, i fatti risalgono al 2011, esattamente al 3 luglio. A Margherita di Savoia, due uomini, armati di pistola e con il volto coperto, aggredivano il titolare di un supermercato nella propria abitazione. Questi, nel tentativo di mettere al sicuro l'incasso, avvolto in una busta di plastica, provava a nasconderlo nel giardino di casa, cosa che però non sfuggiva ai rapinatori i quali, prontamente, si appropriavano dei 9.850,00 euro d'incasso. Dalle informazioni acquisite nell’immediatezza dei fatti, da persone che avevano assistito alla rapina, i Carabinieri apprendevano che i rapinatori erano fuggiti a bordo di una Lancia Thema, di colore blu, condotta da una terza persona. L’auto era stata rubata a Zapponeta. Secondo accertamenti telefonici, si è riusciti a risalire a Di Pace, il quale, dopo aver pedinato la vittima, aveva fornito telefonicamente tutte le informazioni del caso ai due complici. Questi, pertanto, individuati in Riontino e Dassisti, avevano provveduto materialmente alla rapina, con tanto di volto coperto e armati di pistola. Le indagini avevano consentito, nell’immediatezza dei fatti, di recuperare parte del bottino e di rinvenire l’auto utilizzata nella rapina.

di Redazione 


 COMMENTI
  •  reload