Birraio dell’anno… Il pallone d’oro della birra artigianale italiana

Dal blog "Storie di Pinte" di Giuseppe Triggiani

Se calcisticamente parlando dicembre è il mese dedicato alla proclamazione del Pallone d’Oro, “birrariamente” parlando è gennaio, invece, il periodo da tenere d’occhio. Nel primo mese dell’anno, infatti, viene proclamato il Birraio dell’Anno, l’annuale premio organizzato dal magazine Fermento Birra.

STORIA ED EVOLUZIONE DEL PREMIO. Era il lontano 2009 quando fu istituito una sorta di concorso che premiasse l’estro e la genialità dei birrai nazionali. Il primo trionfo fu di Nicola Perra del Birrificio Barley di Maracalagonis, provincia di Cagliari. Nel corso degli anni il premio si è ampliato ed arricchito divenendo, tre anni fa, un vero e proprio evento che si tiene a Firenze ogni gennaio. Nei mesi precedenti viene svelata la rosa dei venti birrai scelti dai giurati che si contenderanno il titolo. I venti birrifici e le loro creazioni prendono parte all’evento che diventa quindi un vero e proprio festival con il meglio, o una larga parte, dei produttori italiani dell’anno appena passato. Dal 2015 poi è stato istituito un premio per i birrai emergenti. Ma andiamo con ordine e scopriamo i criteri a cui devono attenersi i giudici per la votazione.

REQUISITI E CRITERI. Sia per la categoria big che per quella emergenti i requisiti di partecipazione sono pochi e semplici: 1) Devono produrre in Italia, 2) Devono essere dotati di impianto proprio (no beerfirm quindi), 3) devono controllare tutte le fasi del processo produttivo (esclusi quindi i birrai che ricevono e lavorano mosto da altri birrifici); 4) devono aver prodotto ed immesso nel periodo considerato birre sotto lo stesso marchio. A questi criteri se ne aggiungono altri ovviamente: costanza produttiva (capacità di replicare una stessa birra priva di difetti nell’arco dell’anno), professionalità, tecnica, filosofia produttiva (capacità di spaziare fra più stili).

I VINCITORI DELL’EDIZIONE 2017. La proclamazione è avvenuta domenica pomeriggio e ha visto trionfare fra i big Josif Vezzoli, talentuoso birraio del Birrificio Elvo, in provincia di Biella, che da sempre si è contraddistinto per produzioni di stampo teutonico, dove pulizia e semplicità sono parole d’ordine. Pochi effetti speciali insomma, ma tanta sostanza e qualità. Il premio a Josif oltre ad essere il giusto riconoscimento per le sue produzioni di livello elevatissimo (marzen e schwarz eccellenti -ndr), è anche un segnale di inversione del trend italiano nei consumi, con la riscoperta delle basse fermentazioni, stile magari con meno appeal modaiolo ma intramontabile. Fra i birrai emergenti invece a spuntarla è stato Giovanni Faenza di Ritual Lab, giovanissimo birrificio di Formello che in pochi anni si è costruito una fama nazionale a suon di prodotti di grande impatto. Il quid pluris per Giovanni è anche la capacità di spaziare e produrre stili più disparati in modo esemplare, basse fermentazioni (squisita la loro pils -ndr) ma anche alte fermentazioni come IPA e Double IPA.

VIVA L’ITALIA!. Le mie congratulazioni quindi ai due birrai ma anche al resto dei partecipanti. Mai come in questo periodo storico possiamo dire che le birre tricolori sono sicuramente al livello delle controparti europee. Bevete italiano quindi, italiano buono, s’intende…


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