Come perdere la "Speranza"

"Le città invisibili" di Raffaele De Seneen

L’altro giorno l’ecatombe di Lampedusa. Dicevo ancora, pochissimi giorni fa, del “Triangolo del disgusto”, quello più recente fra i bubboni che infestano i nostri quartieri settecenteschi ed ottocenteschi, ed è il crollo di Via Speranza. E’ che basta oltrepassare i prosceni belli, o che si cerca di tenere bene, in questa città, un po’ per noi stessi, un po’ per i forestieri (e che gli porti a far vedere!) per trovarsi in un altro mondo. Corso Giannone, Corso V. Emanuele, Corso Cairoli, Corso Garibaldi, basta scansare il sipario fatto di tende di velluto per accedere al palcoscenico con arredo ‘700 e ‘800, non per bellezza, ma per situazione di un tempo povere che è arrivato fino ai giorni nostri, degradando sempre più, dove pure si sarebbe potuto dare un senso, un valore aggiunto di tipo conservativo e “valorizzativo” di quella che è stata la nostra storia e la nostra cultura. Niente. Case puntellate, grotte ancora abitate, il basso attaccato al “grattacielo”, il cantiere mai ultimato, la palazzina “nuova” di due piani fuori terra incassata fra due “vecchie” di quattro piani, neanche a far completare, a dare armonia al “cassone”. Palazzo Longo in Via Fuiani, elegante prospetto, da decenni puntellato, con progetto approvato per abbattimento e costruzione del nuovo, oggi si sveglia una Soprintendenza e chiede: “Ma cosa state facendo!?”. Sembra che non abbiano messo mai vincoli su quel palazzo, quindi c’è da rimbalzare la domanda: “E voi fin’ora dove eravate!?”.
E cambiano pelle questi quartieri, i neo ed extracomunitari si accontentano del poco, del piccolo e del brutto che vuol dire affitti sostenibili, e il proprietario, invece, l’autoctono, non ha più interesse che la situazione cambi, si è assicurato una rendita spesso “in nero”. Restano i vecchi in attesa del consumarsi dei loro giorni, coppie giovani a basso reddito in attesa di migliorarsi, e i “nuovi foggiani” che si accontentano, che si devono accontentare. Ma per quelle zone non mancano promesse e passerelle del politico di turno, con tanto di bambini festanti e palloncini, e il questionario: “Come vorresti il tuo quartiere?”. E il bimbo consulta il nonno, e il nonno risponde: “Lassa pèrde, è ‘na canzona vecchia!” Saluti da Piazza Tavuto (Capisci a me!).


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