Leggendo Dario Bertini si ha come l’impressione di avere a che fare con un ragionato randagio, con un bastardo che vince (o almeno ci prova) la stra-da. La sua poesia si pone, con un esito molto positivo, sulla scia di quella buona poesia americana, tra il confessionale (un po’ meno riflessivo e colto di un Lowell) e il dissacrante intelligente della migliore scuola Beat (viene subito da pensare a un Hirschman, da poco ospite in Italia dello stesso Bertini). Ecco, da queste radici ha luogo la poesia Bertiniana, che fa della sua teatralità mancata il colpo di frusta, proprio perché figlia di un’azione preventiva, occasionale del vissuto vero, non soltanto metafisico dell’autore, dove proprio il metafisico prende forma di quotidiano, mai ba¬nale, mai scontato.
Nel verso, proprio per questo, l’azione che invita al rit¬mo e che si lancia in un fuoco visionario, tra il lisergico e lo spavaldo, ren¬de il sacro profano e viceversa, come anche “l’oggetto” poetico messaggio, a volte pieno, altre volte strafatto, contenuto in una bottiglia ad altissima gradazione poetica. In effetti, i migliori testi di questo libro, “Prove di nuoto nella birra scura” (Ed. del foglio clandestino, 2015) ci danno un risultato, più che alcolico, direi alchemico: da una parte, un ragionato senso di con¬trollo sulla passione, dunque una materia organica di pensiero, dall’altra uno spartiacque tra incanto e gioco allo scandalo, scandito dalle pause, spesso provocatorie e sarcastiche dell’autore, che, non a caso performer e non solo passivo scrittore, attua, anche nel silenzio la propria opera come fosse la vita stessa che rimacina, magari nel loop di una serata balorda come tante, quel momento catartico, rendendo poi questo, nel suo verso: una presunzione di colpevolezza, in quanto figlia di un ragionato randagio, di questo essere bastardo, pur sempre vittima dei nostri strani/vuoti giorni.
*
Una buona soluzione è continuare a respirare,
mantenere costante la frequenza cardiaca,
insediare le stanze dei polmoni
col fiato necessario a rimanere in piedi
e contare fino a centomila
fino a quando capisci
che allora essere vivi è avere una stazione nella testa
con taxi, criminali e polizia,
grandi tabelloni orari, uomini in giacca
e donne quasi nude
e un bambino coi pantaloni corti
che deve andare in bagno
(perché qualcuno sempre cerca il bagno,
così il prossimo verso sarà
di un chiarissimo giallo)
e ogni tanto c’è qualcuno che arriva, qualcuno che parte
e tutti insieme gridano il tuo nome
solamente per farti voltare
*
Quando ti staccano la corrente elettrica
la cosa più importante è non starnutire:
proprio allora bisogna procurarsi
due bombole da sub, ma anche tre o quattro,
o una lunghissima cannuccia viola,
e fingere che l’aria nella stanza
sia tutto intorno acqua
ma non è una piscina, sembra mare
e lo capisci appena i pesci ti dicono qualcosa,
e fanno segni strani, strani balletti,
ma non riesci a capire
perché hai dovuto studiare per anni
e non riesci nemmeno a capire cosa dicono i pesci
che ti circondano dalla testa ai piedi
e ti passano accanto veloci
e continuano a dire cose senza senso: così deduci
che anche i pesci hanno studiato all’università.
Allora è finalmente chiaro, che è finalmente scuro,
e il buio intorno non è mare, non è nemmeno acqua,
c’è troppa schiuma
e sembra di sentire una canzone
che dice che la cosa più importante è cercare
di non starnutire
se ti staccano la corrente elettrica
ma i pesci in fondo hanno tutti ragione,
potresti anche capirli un giorno o l’altro,
e proprio perché non sai nuotare
sono prove di nuoto nella birra scura.
*
Tutto ciò che devo fare è mantenere la calma,
fare finta di nulla, che nulla accade,
che non accade di vedere grandi elefanti rosa
passeggiare sui tetti, la mattina presto,
mentre vanno al lavoro, mentre ritornano
la sera, schizzando acqua dalla proboscide,
che penseresti semplicemente stia piovendo,
ma pensare fa male – è dimostrato – perché ogni volta
che ti metti a pensare
cade morto stecchito un venditore di frittelle a new york
o un fresatore di pisa, ogni volta, ogni volta che pensi
qualcosa di qualunque tipo,
che gli elefanti rosa, in fondo, li hanno visti un po’ tutti
prendere il tè verso le cinque, seduti sotto gli ombrelloni
a parlare dell’aumento del prezzo delle lavanderie a gettoni,
delle tavole calde o della guerra fredda,
così tutto ciò che devo fare è mantenere la calma,
sentire le chiavi di casa nella tasca sinistra della giacca,
partire per un paese straniero
dove un giorno mi verrai incontro con quegli occhi
che sono solo tuoi
parlandomi per ore della storia universale degli elefanti rosa.
*
Il pericolo non è un cesto di vipere
sopra una bomba atomica,
è il fatto stesso che ci sei,
ma non sei qui
allora chiedo informazioni
a tutti gli angoli della mia casa,
cerco segni nascosti sotto i bicchieri,
faccio amicizia coi piccioni
perché mi dicano qualcosa,
offro da bere ai lupi, mangio coi gatti,
dormo sugli alberi
attraverso il deserto della cucina
in direzione del cielo
quando mi accorgo
che la bellezza è la foto sfocata di un prato
pieno di gente
ogni volta lo so, non sarei in grado
di resistere più a lungo
e faccio l’unica cosa che posso
per mia grande fortuna
i leoni da circo non scrivono poesie
*
scriverò i miei prossimi versi sulla carta igienica
così che possano sentirsi liberi di andare;
li butterò nel cesso, tirando l’acqua,
e poi li sentirò viaggiare dentro ai tubi,
sotto i piedi delle persone e migliaia di macchine in coda,
superando semafori, case, supermercati
continueranno ad andare come piccoli pesci
seguendo la corrente,
e arriveranno al mare,
sentendo il sole brillare forte
lasciandosi annegare al posto mio
di Dario Bertini
da “Prove di nuoto nella birra scura”
(Edizioni del foglio clandestino, 2015)