Dalla grotta alla Via Longobardorum: il culto di San Michele sul Gargano
Azioni e tradizioni di Pino Donatacci
LA SIMBOLOGIA. Fin qui la leggenda, ma sappiamo benissimo che, già in epoca pagana, la pietra conservava un potere taumaturgico, capace di lenire le sofferenze più gravi. “La pietra di San Michele” è chiamata la pietra focaia presente sul Gargano. L’episodio del toro vuole indicare il predominio del cristianesimo sui riti pagani, ma ci riporta anche alla mente il rito di Mitra che soggioga il toro in una grotta. Il parallelismo tra San Michele e Mitra è molto forte: Mitra nasce da una roccia ed ha un coltello tra le mani, lì dove San Michele ha una spada; Mitra personifica i due aspetti del cielo, diurno e notturno, lì dove San Michele, che rappresenta il Sole, ha sotto i suoi piedi il diavolo, il dio Pan, che rappresenta la parte oscura, sommersa ovvero l’elemento ctonio; infine, entrambi mirano alla salvezza dell’uomo.
Ma è nel rapporto tra l’iconografia e la cosmogonia che troviamo un elemento molto interessante circa la figura di San Michele. L’iconografia medioevale raffigura San Michele nelle vesti di un angelo antropomorfo con una lancia in una mano e con una bilancia nell’altra. La lancia rappresenta l’asse di congiunzione tra la grotta, che sta alla base della montagna, e la sommità della stessa e, a livello cosmico, l’asse che congiunge l’equatore con il sole nel punto in cui si verifica l’equinozio d’autunno. Intorno al 29 settembre, il giorno è lungo quanto la notte. La bilancia indica che il Santo ha le caratteristiche dello psicopompo ovvero di pesatore delle anime, mediatore tra la vita terrena e quella ultraterrena. L’etimologia della parola bi-lancia ci riconduce alla lancia doppia ovvero al punto mediano tra i due equinozi: infatti San Michele viene festeggiato anche a maggio.
I Longobardi, convertitisi al Cristianesimo, elessero San Michele a protettore trasformandolo in un guerriero che sostituisce la lancia con la spada. Anche l’elmo e le vestigia militari sono il retaggio di un’epoca in cui la Chiesa era impegnata ad imporre il Cristianesimo con le armi attraverso le Crociate. L’ascesa dei Longobardi fa di Monte Sant’Angelo un luogo di culto obbligato prima di arrivare in Terra Santa per combattere le Crociate. A Monte Sant’Angelo è collegata un’altra località, Mont Saint Michel in Francia, che si trova sulla stessa direttrice che collega Gerusalemme e Monte Sant’Angelo. Tra Mont Saint Michel e Monte Sant’Angelo intercorre la stessa distanza che passa tra Monte Sant’Angelo e la Terra Santa. Mont Saint Michel, luogo suggestivo sotto l’aspetto paesaggistico per via dell’alta marea che sopraggiunge quasi tutti i giorni dopo una certa ora lasciando isolata l’isola, ha molti punti in comune con Monte Sant’Angelo. Il Santuario si trova in cima ad un monte e il paese ha le fattezze di un labirinto. La leggenda narra che nel 708 San Michele apparve in sogno al Vescovo Aubert e gli ordinò di consacrare al suo culto l’isolotto roccioso di Mont Saint Michel. Il Vescovo non fece nulla, credendo di essere stato ingannato dalla sua immaginazione, ma San Michele, in una successiva apparizione gli conficcò il dito nel cranio, oggi conservato all’interno dell’Abbazia. Subito dopo, un toro che era stato rubato venne trovato in cima alla montagna come aveva annunciato San Michele. L’area del terreno calpestato divenne la base su cui il Vescovo Aubert costruì l’oratorio poi divenuto Abbazia. Un altro merito che si deve ai Longobardi è quello di aver contribuito a creare le “infrastrutture” per mettere in comunicazione i siti sacri, formando la cosiddetta Via Sacra Longobardorum, che si estendeva fino alla grotta dell’Arcangelo Michele.