Tanta rabbia, ma niente lacrime. Piuttosto: non arrendiamoci!

Il blog "Punto fermo" di Daniela Marcone

Ieri hanno ucciso un uomo nella mia città. Vicino casa mia.
Questa notte hanno fatto esplodere l'ennesima serranda e annessa vetrina di un esercizio commerciale, danneggiando l'auto di un amico. Sempre vicino casa mia.
Oggi sono arrabbiata ma non voglio piangere la mia città. Non voglio che suonino le campane a morto per la nostra speranza. Non organizzerò fiaccolate o marce per la legalità. Nessun comunicato stampa. A cosa servirebbero?
Lancio però un appello ai miei concittadini: non arrendiamoci, non lasciamo la città a chi vuole distruggerla. La città è piena di iniziative: frequentiamole. Popoliamo le piazze, i musei, i teatri. Portiamo con noi i nostri figli. Molti di noi fanno già parte di organizzazioni benefiche: incontriamoci. Chiedo al nostro Sindaco di organizzare e convocare la Consulta per la legalità, un luogo per incontrarci e far sentire alla comunità la cura e l'attenzione che ogni singola associazione ci mette nello svolgere la propria mission. Ora occorre fare rete sulle azioni concrete che possano riportare fiducia alla comunità.
Noi di Libera continueremo senza indugio, consapevoli che alcune azioni inducono processi di cambiamento, forse lenti ma reali. Ora è tempo di lavorare con impegno ancora più forte sui progetti di sempre, quelli che rafforzano la consapevolezza di un numero sempre maggiore di cittadini, che combattono l'omertà, che incoraggiano alla denuncia.
Le istituzioni locali, le forze dell'ordine sono in piena attività per contrastare il "fenomeno Foggia" ed è giusto supportare questa attività come possiamo.
Ci viene detto che a Foggia molti commercianti pagano il "pizzo". Se è così, allora è evidente, e lo è ormai da anni, che questo è uno degli affari ghiotti del malaffare locale. Proviamo a mettere in moto, anche rafforzando quelli esistenti, meccanismi di ascolto per chi denuncia, di vicinanza per chi decide di uscirne, di consulenza per chi ha dei dubbi. Anni fa chi si opponeva all'affermazione del racket veniva ucciso o gli si rendeva la vita impossibile. Oggi molte cose sono cambiate. Della nostra criminalità si parla poco fuori dai confini della città. Questo deve cambiare. Ma è giusto che si inizi a parlare anche di una città che reagisce, che alza la testa con forza.
Facciamo comprendere al mondo intorno a noi che non ci stiamo abituando alle bombe. Alle nostre bombe, quelle che esplodono danneggiando esercizi commerciali della nostra città. Ma abituarsi agli omicidi, alle bombe, alle sparatorie nelle nostre strade, considerarle parte integrante della nostra realtà, mai!


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