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Il fascino antico dei falò: a Foggia la gara tra fanoije nel giorno dell'Immacolata

"Azioni e tradizioni" di Pino Donatacci

I FALO' DELL'IMMACOLATA. I falò che si preparano a Foggia sono legati prevalentemente al culto mariano dell’Immacolata Concezione, non solo perché Foggia è particolarmente legata alle figure di madonne, quali la Madonna dei Sette Veli, la Madonna dell’Incoronata, Sant’Anna, la Madonna del Carmine, ma anche perché l’iconografia della Immacolata Concezione, che deriva dalle parole dell’Apocalisse, pone la Vergine come immagine solare posta alle porte del solstizio invernale. L’Apocalisse, infatti, riferendosi all’Immacolata Concezione, così la raffigura: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una Donna vestita di sole, con la luna ai suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. Nell’iconografia cristiana si chiarisce bene la cosmografia: la Madonna rappresenta il sole nascente, la luna sotto i suoi piedi rappresenta il tramonto della luna stessa e la corona con dodici stelle indica i dodici mesi dell’anno.
IL PRIMATO DEL FUOCO. Se questo spiega perché a Foggia si accendono i falò il giorno dell’Immacolata, il rito del falò si deve alla scoperta del fuoco e al suo utilizzo da parte dell’uomo. La scoperta del fuoco rappresenta una tappa evolutiva importante, in quanto ha permesso agli uomini di riscaldarsi, di riscaldare il cibo, di difendersi dagli animali. L’uomo ha considerato il fuoco alla stregua di tutti i fenomeni naturali, ossia come segnale mandato dalle divinità. Il fulmine che incendiava, ad esempio un albero, era considerato segno dell’ira divina. Quando l’uomo ha vinto la paura del fuoco, si è avvicinato alla divinità. Per questo nel mito Prometeo, considerato il creatore dell’umanità, è punito per aver osato sfidare l’ordine del creato che metteva l’uomo alla pari di ogni altro animale. Una teoria asserisce che intorno al fuoco si sono creati i sistemi sociali dominati da chi gestiva il fuoco. Se consideriamo che prima il fuoco non era sempre disponibile e si doveva attendere un evento naturale, quale un fulmine o l’ autocombustione, per poterne disporre, è facile immaginare che coloro i quali avevano il compito di tenere sempre acceso il fuoco godevano di uno stato sociale superiore ed erano considerati come dei sacerdoti. Nell’antica Roma il compito di tenere sempre acceso il fuoco sacro era proprio delle Vestali, che erano sacerdotesse.
I FALO' NELL'ANTICHITA'. La tradizione vuole che i falò si accendano sempre in inverno, in prossimità del solstizio d’inverno, legato alla celebrazione del Sole e della Madre Terra che si prepara, riscaldata dai primi raggi di sole, alla futura semina, perché il fuoco ha potenza purificatrice e in questo periodo è funzionale agli animali che sono soggetti a malattie. Infatti, a Rocchetta S.Antonio , ad Alberona, a Pietramontecorvino i falò si accendono il 17 gennaio, festa di S Antonio Abate, protettore degli animali. In altri paesi a vocazione agricola i falò si accendono perché le ceneri sono fertilizzanti e questo è funzionale all’agricoltura. L’origine dei falò la troviamo nel fatto che l’inverno era considerato nell’antichità un periodo spaventoso, in cui la durata del giorno diminuiva gradualmente, gli alberi perdevano le foglie e il freddo faceva presagire la morte del sole. L’uomo aveva paura che l’ira degli dei si fosse abbattuta su di lui, distruggendo la luce e il calore, per aver rubato il fuoco sacro. Il rito di purificazione in onore degli dei includeva la restituzione del fuoco rubato insieme ad alcune offerte sacrificali. Da questi riti collettivi deriva il falò, acceso per scacciare la paura dell’ignoto.

LA "GARA" Tra FANOIJE. A Foggia era usanza che ogni quartiere alzasse al cielo il suo falò, preparato da giovani adolescenti guardati bene dagli adulti che approfittavano di questa ricorrenza per liberarsi di qualche mobilio vecchio in modo che vincessero la sfida tra i vari quartieri. Alla cima di ogni falò che in dialetto foggiano si chiama fanoije, esplicita derivazione dal provenzale (torcia), si pone il fantoccio detto Immacolata in onore della Madonna per la quale si accende. Il fantoccio è sicuramente una derivazione del sacrificio che si faceva agli dei, ma con l’ingresso della religione cristiana è stato dedicato alla Vergine. Oggi c’è sempre meno spazio per poter alzare falò al cielo e sempre meno gente disposta a donare un po’ di legna ai ragazzi che la raccolgono qualche mese prima. I quartieri più organizzati sono il quartiere Candelaro, il quartiere Sant’Antonio e la Spelonca dove da qualche anno vi è l’uso di trasformare il falò in una costruzione, quasi un carro allegorico. Abbiamo assistito alla costruzione di barche e carri armati inneggianti la pace ma poco funzionali quando veniva appiccato il fuoco, perchè non si accendevano in modo uniforme. Non sta a noi giudicare se sia giusto o no sostituire con altre costruzioni il falò, che lascia a terra con la brace anche il cerchio magico. La creatività va sempre premiata. Questo però ci porta a riflettere su come le nostre tradizioni si evolvono, perché l’estetica vince sempre quando si perdono le coordinate valoriali e significative delle tradizioni.


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