La riscoperta del passato: come la "chioma" si ricongiunge con le "radici"
"Azioni e tradizioni" di Pino Donatacci
È quanto successo con il fenomeno del tarantismo. Volendo studiare oggi questo fenomeno approderemmo a conclusioni diametralmente opposte a quelle a cui è arrivato De Martino. Se anticamente il tarantato viveva una condizione subalterna, di emarginazione, oggi il fenomeno ha una valenza positiva, di aggregazione. Lo stesso avviene in tutti i campi della tradizione proprio perché questa non può prescindere dall’azione, dalla ripetizione che, perché orale, è suscettibile di trasformazione.
Viene spontaneo chiedersi a che serve studiare, analizzare e decodificare i fenomeni tradizionali se questi cambiano con una certa frequenza. I fenomeni tradizionali, che comprendono il dialetto, le manifestazioni folcloriche, le canzoni popolari, i detti popolareschi ecc. si stratificano sul territorio e, proprio come avviene con la materia archeologica, ci possono dare idea di come si viveva andando a ritroso nel tempo.
Ultimamente sempre più persone sono affascinate dai costumi di epoche passate. Sembra, questa, una reazione alla società capitalista che tende all’omologazione, al conformismo, alla produzione di beni di massa ma anche al pensiero di massa. Così temi scottanti come l’emigrazione, il lavoro, la solidarietà, la gestione della cosa pubblica, il bene comune e condiviso, trovano valide risposte nelle organizzazioni sociali di epoche nemmeno troppo distanti dalla nostra, o almeno ci inducono alla riflessione.
Non dobbiamo confondere il passato con la nostalgia, come bene sanno fare gli anziani che tendono a licenziare i tempi moderni non vedendo la luce in fondo al baratro. Il nostro compito deve essere quello di proporre alternative, di “ricordare” e “recuperare” la saggezza popolare che si è stratificata nei secoli attraverso l’empiricità, la prova, la condivisione dei saperi, l’osservazione dei fenomeni naturali quando l’uomo era collegato alla volta celeste da un cordone ombelicale che si recideva solo nell’ora della morte, quando il contadino per sapere se sarebbe piovuto guardava il tramonto e non il telefonino.
Scopriamo così che il curioso di tradizioni popolari è contemporaneamente un ambientalista, un attivista sociale, un naturopata, un indovino, etc., tutti aggettivi che noi abbiamo coniato frammezzando la cultura popolare per meglio controllarla, sacrificando il legame dell’uomo con l’infinito al prezzo delle nuove tecnologie. La speranza è che i giovani sappiano fare tesoro delle ricerche storiche, che si appassionino alla loro storia perché si può pure vivere lontani dalla propria terra d’origine ma ogni volta che si ritorna si sente quel magone, quel nodo alla gola che non fa respirare, indice che la “chioma” si è ricongiunta con le “radici”.