Leggendo questo libro mi sono venuti in mente poeti che, seppur di diversi registri e connotazioni, hanno dato un’impronta ben netta, un divario necessario tra il loro operare e il resto della matassa poetica girovagante nelle varie epoche in cui si sono distinti. Su tutti il riferimento chiaro, anche per molte delle tematiche a sfondo sessuale-erotico, rimanda ad un primo Gian Piero Bona, ma anche il tono dissacrante e scanzonato potrebbe ricordare la poesia giocosa e divertita di un Palazzeschi o di uno Scialoja o, magari, nei punti di maggior riflessione e spessore umorale poetico finanche si potrebbe accostare, il tipo di impostazione della poesia di Roversi, a quella del grande Vito Riviello, maestro del calembour poetico, oppure, per rimanere in ambiti più attuali, alla poesia spiazzante e suggestionata di un Leopoldo Attolico, sempre con le doverose distinzioni formali, ovviamente. Sono solo dei pochi esempi, a me vicini, che mi portano a pensare alla poesia di Roversi come ad un modello che attinge dal classico per trasportarsi nel contemporaneo, come a voler oscillare tra le due mete, e descrivere la crudezza del quotidiano tramite immagini forti, cariche di realismo, ma anche attraverso dei luoghi comuni, degli intercalari giornalieri, cercando un meltin’pot discorsivo, tra uso e consumo diretto della parola, tra il suo apice estremo di asciuttezza e la sua impietosa velleità qualunquistica.
Sicuramente una poesia originale e al contempo leggera, una chiave d’apertura verso ballate dai contorni pop, ma anche scatola elettrica conduttrice di riflessioni importanti, suggerite sì da una voce intelligente e nobile, ma spiritata e disincantata tanto quanto dovrebbe essere molta della poesia d’oggigiorno, riproponendo una versificazione sfrontata e cristallina che dia respiro e ragionamento senza prendersi troppo sul serio, ma facendo sul serio ciò con cui gioca per riflettere al meglio la vera natura della realtà di sempre, restituendo immagini nette, pensieri nudi e coraggiosi. Una strada difficile ma interessante, una coraggiosa sfida dalla quale il poeta potrà trarre spunti e differenti intuizioni per nuovi modelli formali a venire.
Riporto sei tra i testi che mi sono parsi tra i più riusciti, e che meglio forse espongono la mia piccola analisi critica in termini di struttura direttamente sulla composizione finale.
Buona lettura,
Fodera per bara
Damasco, broccato e lampasso lanciato
sono tutte varietà a sfondo di raso
che si distinguono per come l’armatura
tocca e fa diseguale trama e ordito.
Un piovasco, l’asfalto bagnato e un sorpasso azzardato
sono tutte volontà in fondo del caso
se s’insiste a considerare una congiuntura
un segnale che chiama chi non l’ha capito.
Com’è sontuoso al tatto il raso!
Com’è capriccioso e distratto il caso!
Con l’esercizio del libero arbitrio nella vita uno impara
e si prepara alla scelta della fodera per la bara.
[09092009]
Kunstareal München
Io quelli che per ragioni
di praticità o di decoro
suggeriscono un muro
su una porta o una finestra,
li odio di buon grado, quelli che lo costruiscono
li compatisco, e il muratore,
complice suo malgrado, lo interrompo
con delle distrazioni da seduttore.
Questo tipo di opera deve restare incompiuta!
La stanza sia mantenuta con la luce
e gli accessi e gli ingressi del progetto!
Però
che rottura di marroni l’immortalità della speranza:
se la strangoli, rinasce in altra forma;
se la risparmi, muore se ne va e non ritorna
che troppo tardi: due contraddizioni
in termini. Le uniche eccezioni
sono i musei, dove l’arte
è protetta, direi, e le pareti senza fori
fanno cornice contro le corruzioni
del mondo senza senso,
e comunicano dei veri più duraturi.
A questo genere di muri e muratori va il mio assenso.
[24052009]
Wachstum der Nachtpflantzen
Cresce ciascuno alla sua statura,
Camminano i suoi passi nella sua andatura(Mario Luzi)
Nel buio della notte si trasformano
piante nottambule il cui colore ultimo
sapremo solo una volta sia compiuto.
Minuto per minuto,
il disegno è perfetto, il piano è giusto,
e il fiore azzurro il segno che ciascuno
è cresciuto al suo fusto, e non invano.
Il tempo che ci vuole a ognuno è vario,
determinato da un interruttore interno.
E l’amore, e il suo perno involontario
una tensione a non perderne il divario.
[24052009]
Diapositiva
L’uomo a braccia protese stringe il figlio
alle caviglie, e lo regge in verticale.
Assieme formano due L maiuscole
concatenate, che condividono
il tratto orizzontale: una rovesciata
(l’angolo dove la scapola dell’uomo
s’incastra alla clavicola), l’altra
più piccola, diritta (l’angolo sopra dovel
e nocche toccano i malleoli). Fieri, ridono
entrambi all’obiettivo. Doveva avere braccia
muscolose quest’uomo da giovane,
o era magro il bambino da piccolo,
o tutte e due le cose. Quella forza
scesa attraverso gli anni è ancora viva,
solida più delle vertebre,
flessibile più delle ginocchia, schiva
ma diligente, affidabile, nascosta:
si irradia positiva come un nervo, sorgiva
prende come un sorriso gli occhi. Solo,
la parte ora si ribalta ed è l’adulto
di un tempo che riceve la cura, la sua debolezza
di vecchio che fa tenerezza. Ma chi accudiva
chi, già allora? La fedeltà
del figlio, la bontà
del padre, oggi forse si piegano
ma non si spezzano ancora. Lo spettatore
li rispetta, li ammira, li invidia,
al di là di ogni differenza che dia
ospitalità all’età.
La rarità innamora
anche senza parole, la paternità
invecchia ma non muore: entrambe si apprendono
dall’immagine della prole che protegge un genitore.
[17092009]