IL NATALE DELLE TRADIZIONI. Il primo che ho personalmente frequentato, in ordine di tempo, è stato il “Presepe vivente negli Ipogei” organizzato dall’Università del crocese e dall’Ass. Ipogei Foggia, nel quale il tratto dominante era legato al recupero delle tradizioni orali, alla magia della “novena” portata dagli zampognari abbruzzesi che danzavano davanti alla natività, dalle canzoni natalizie che si ascoltavano in periodo natalizio nella Foggia antica, ma anche il recupero dei racconti che in questo periodo i nonni trasmettevano ai nipoti per spiegare il mistero divino della natività. I costumi, come le scene, facevano difetto, ma il messaggio era chiaro e diretto.
IL PRESEPE MEDIEVALE. L’altro presepe vivente al quale ho partecipato come spettatore è stato quello
della Ass. Imperiales Federici II ricco di scenografie, costumi e armature medioevali. L’aspetto più significativo di questo presepe vivente è stato il saper ricreare un’atmosfera antica che ci ha fatto immaginare per un giorno come fosse la Foggia di Federico II. La partecipazione di giocolieri, maestri d’arme, danzatori al cospetto della corte imperiale e dell’accampamento federiciano hanno saputo animare gli spettacoli, ma difficilmente sono entrati in relazione con gli spettatori.
IL PRESEPE CON GLI ANIMALI. Ad Emmaus invece, si è riproposto il “presepe vivente in masseria”. In questo caso i protagonisti sono stati gli animali, veramente tanti. La loro disposizione ha permesso ai figuranti di dimostrare alcuni mestieri di antiche tradizioni. I costumi riprendevano quelli della Betlemme a.C. ed in alcuni casi si è offerto pane azzimo e formaggio di primo sale.
A RIGNANO IL PRESEPE DELL'INTERA COMUNITA'. L’ultimo presepe vivente che ho visitato è stato quello di Rignano Garganico. È stato quello che più di tutti mi ha entusiasmato perché in quel caso è stata tutta la comunità a partecipare. Il presepe non era altro che un museo a cielo aperto, o una visita guidata verso la società contadina di cui gli abitanti di Rignano conservano ancora con gelosia gli strumenti e le abitudini. Passeggiare lungo le vie del paese antico è stato come fare una lezione di antropologia culturale: si sono messi in risalto le funzioni culturali del medico condotto e della maestra di scuola, le funzioni economiche dei contadini e dei pastori, dei fornai e dei droghieri, le funzioni sociali delle massaie e delle filatrici che non perdevano occasione per spiegare cosa stessero facendo e fugare ogni curiosità dello spettatore. L’entusiasmo dei figuranti si evinceva proprio dalla voglia di confrontarsi con lo spettatore tanto che in alcuni casi spettatore e figurante arricchivano di nozioni i visitatori. Inoltre la partecipazione al presepe vivente ha coinvolto tanto i bambini quanto gli anziani proponendo, nella finzione del presepe, un passaggio del testimone tra generazioni. Se è vero, infatti, che alcune attività come quella di filare la lana o di fare le “rezze” davanti alla porta sono diventate obsolete, i bambini di Rignano hanno avuto la possibilità di raccogliere le testimonianze dalla viva voce dei propri nonni.
SERVE LA "STORIA VISSUTA". Il presepe vivente di Rignano mi porta a considerare che il nostro passato può essere attrattore di interesse e di turismo, anche se per brevi periodi dell’anno, a patto che non si deturpi e si conservi il patrimonio ambientale e quello edilizio fatto di piccole abitazioni e sottani ormai non più abitati. Mi sembra inoltre un modo più intelligente di riproporre una cultura contadina che molte comunità del Subappennino Dauno e del Gargano hanno relegato in qualche buia stanza della locale Pro Loco definendolo “museo della civiltà contadina”. Dobbiamo cominciare a pensare alla nostra Storia come ad una cosa viva, che ci può ancora interrogare attraverso le voci degli anziani, degli artigiani, dei pastori e dei contadini e non come una Storia racchiusa nei libri impolverati.