Duri a morire: quattro luoghi comuni sulla birra artigianale

Il blog su birre e dintorni di Giuseppe Triggiani

Come articolo inaugurale di questo contenitore chiamato STORIE DI PINTE, voglio elencarvi e sfatare quattro luoghi comuni sulla birra. In questo articolo come nel resto degli articoli che seguiranno, nel 99% dei casi mi riferisco a quella artigianale, perché è quella che bevo e che conosco.

MULTIPLI MALTATI. Se siete novelli bevitori oppure alzatori di pinte ben collaudati, avrete certamente sentito parlare, almeno una volta nella vita, di birra doppio malto. Molto spesso è lo stesso gestore che ve la propone a non conoscerne bene il significato. La birra doppio malto è una dicitura prettamente fiscale, e pertanto vigente solo in Italia. La Legge n. 1354/1962 infatti, all’articolo 2, disciplina in maniera dettagliata le cinque categorie fiscali per la commercializzazione della birra (industriale ed artigianale): • Birra analcolica: grado Plato compreso fra 3 e 8, e grado alcolico non superiore a 1,2%; • Birra leggera/light: grado Plato compreso fra 5 e 10,5 e grado alcolico fra 1,2% e 3,5%; • Birra: grado Plato superiore a 10,5 e grado alcolico superiore al 4%; • Birra speciale: grado Plato non inferiore a 12,5; • Birra doppio malto: grado Plato superiore a 14,5%;
Ma cosa è il grado Plato? E’ semplicemente la misura del grado saccarometrico del mosto prima che inizi la fermentazione. E perché lo stato ha disciplinato in maniera dettagliata queste categorie? Perché sulla birra vengono calcolate le accise, che sono progressive in rapporto al grado Plato del mosto. Capite bene che una birra con un grado Plato più elevato si traduce con più soldi per le casse statali. Va da sé che la definizione doppio malto non ha altra valenza; non significa che contiene il doppio del malto, né che è una birra più scura, nè altre amenità che vi sarete abituati ad ascoltare.

SCEGLIERE PER COLORI. Anche su questo punto sono certo che vi sarete almeno scontrati una volta nella vita, ma forse di più. Il più delle volte si entra in pub e si chiede una media chiara. Di default il gestore ti spilla una pils e te la serve senza batter ciglio. Ragionare e scegliere una birra per il suo colore è errato oltre che fuorviante. Una rossa (chiamiamola ambrata che è meglio) non significa automaticamente che è una birra dolce. Una bionda (usiamola per aggettivare una donna) non è necessariamente una lager da 4/4,5°. Una nera non è necessariamente la Guinness! Il colore quindi non indica il sapore della birra né tantomeno il grado alcolico. Per scegliere una birra si utilizzano gli stili, e ce ne sono a decine; ma ovviamente occorre che il gestore li conosca. Ordinare una bionda equivale quindi a chiedere una pasta rossa al ristorante, che poi sia al pomodoro o alla ‘nduja ha poca importanza.

BIRRA IN GHIACCIO. Ogni stile di birra ha una temperatura di servizio consigliata per cogliere al meglio tutte le sfumature organolettiche presenti. Nessuna tipologia di birra dovrebbe essere servita a temperature polari! Nell’immaginario comune una bella bottiglia ghiacciata sotto al sole cocente è il toccasana per la stagione estiva. E’ un discorso che può valere per una birra industriale, che svolge quasi esclusivamente la funzione di dissetare. Io posso assicurarvi che una buona blanche avrà un potere rinfrescante maggiore di una qualsiasi birra ghiacciata.

TRIPLA FERMENTAZIONE E SS. Se qualche individuo, che alzando l’asticella della sua conoscenza minima sulla birra, vi ha resi edotti su birre prodotte con tripla fermentazione o anche di più, sappiate che vi sta dicendo una corbelleria. Dubbel, tripel e quadrupel sono stili di birra, e il loro nome non c’entra nulla con il numero di fermentazioni che hanno subito.


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