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Un tè con Alice Munro (anzi, un paio di nanaimo bars)

"L'assaggio - food & book" di Antonella Moffa

Tutto questo per dire che quando leggo Alice Munro, mi sembra di ritrovare quella calma zen dopo un brutto acquazzone: una scrittura semplice, accessibile eppure quel nitore e quell’eleganza nascondono tantissimi segreti – come i “Segreti svelati” che danno il titolo ad una delle sue raccolte di racconti. Quando penso alla “maestra del racconto breve” e guardo le foto che la ritraggono, immagino un’adorabile vecchietta dai capelli candidi, la vicina di casa che tutti vorrebbero avere, sfuggente e anche un po’ bizzarra forse, con quei suoi cappellini alla Queen Elizabeth e mi dico che forse aveva ragione Salinger quando nel Giovane Holden scriveva: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. Sì perché io un tè delle cinque con la signora Munro lo andrei proprio a prendere, e ci farei una lunga chiacchierata, magari come quella che la vincitrice del Nobel tenne diversi anni fa con un giornalista del “The Paris Review”, a cui raccontò i retroscena della storia d'amore col suo secondo marito, Gerald Fremlin.
Pare che i due si fossero conosciuti già ai tempi dell’università, Gerry era di 7 anni più grande di Alice, la quale era follemente innamorata di questo reduce della Seconda Guerra Mondiale che invece non se la filava neanche lontanamente. Pare che lei gli avesse addirittura dato il suo primo racconto, visto che insieme ad altri amici Gerry si occupava del giornale dell’università, ma lui la invitò gentilmente a consegnarlo ad un altro editor. Quando poco tempo dopo il racconto della Munro venne pubblicato, lui le scrisse una lunga lettera per complimentarsi con lei, ma come confessa la Munro, era solo una lettera di apprezzamento per la sua scrittura e non per la sua bellezza: “But it wasn’t about me at all, and it didn’t mention my beauty, or that it would be nice for us to get together or any of that. It was simply a literary appreciation”. Così passarono vent’anni, senza nessuna notizia l’uno dell’altra, poi Gerry un bel giorno ascoltò un’intervista di Alice alla radio e gli parve di capire che lei non era più sposata, si rividero e dopo un pomeriggio insieme passato a bere Martini, decisero di andare a vivere insieme. Non si sono più lasciati fino a pochi mesi fa, quando Gerry è morto, e la Munro ha dedicato questa vittoria anche alla memoria del suo amato marito.
L’intervistatore del Paris Review, inoltre, prima delle domande alla Munro, riporta una bella introduzione sul luogo in cui Alice viveva ai tempi dell’intervista, ossia la città di Clinton e racconta anche che al momento del suo arrivo la Munro era intenta a preparare il pranzo. Anche se l’intervistatore glissa su quel punto, a me piace immaginare che lei stesse preparando uno dei tipici dolci canadesi: i nanaimo bars. Vi starete chiedendo perché abbia immaginato proprio quelli. Perché sono dei dolci apparentemente semplici da realizzare, a base di burro, cioccolato, noci, biscotti e cocco, sono talmente semplici che si possono realizzare senza addirittura utilizzare i fornelli, ma con un semplice forno a microonde. Per avere un’idea del gusto e della forma di questi dolcetti, possiamo dire che ricordano la strabordante golosità della torta Sette Veli, e nascono negli anni ’50 nella cittadina di Nanaimo (da cui prendono il nome), dalla fantasia di una casalinga che partecipò con questa ricetta ad un concorso indetto da un giornale locale. Dei mini dessert gustosissimi adatti per ogni occasione, piccoli e incredibilmente cremosi, con tanti strati all’interno tutti da scoprire. E quale dolce migliore per paragonare la scrittura della grande Alice Munro? Una penna limpida e cristallina, ricca e preziosa, ma capace di scavare come una punta tagliente nell’animo dei personaggi che popolano le sue short story, delizie per la mente che durano pochi minuti di intenso piacere, proprio come un assaggio di nanaimo bars, che folgora nel breve attimo di un boccone le nostre papille gustative.


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